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C’è un fenomeno piuttosto diffuso che consiste nell’utilizzo di un Marchio registrato da titolari terzi, all’interno del proprio dominio col fine di ottenere vantaggi immediati grazie alla keyword secca.
Se questo aspetto può sembrar di poco conto, bisogna tenere presente che ogni marchio ha le proprie linee guida con i permessi ed i divieti che il detentore dei diritti sul marchio intende concedere o meno ai possibili utilizzatori.
Utilizzarlo in modo diverso, o addirittura in modo esplicitamente vietato significa di fatto violare il regolamento del marchio che può sfociare in una diffida o persino ad una richiesta risarcitoria per un utilizzo non conforme.
Prendiamo ad esempio il marchio Magento ed il marchio WordPress.
Entrambi sono famosi CMS ma anche marchi registrati dalle rispettive società.
Magento è ormai parte di Adobe e WordPress è un marchio registrato da Automattic Inc. Entrambi i marchi hanno delle linee guida ben precise che vietano l’utilizzo del loro marchio all’interno di un nome a dominio.
Nello specifico Magento come possiamo vedere dalla loro guidelines a questo indirizzo https://developer.adobe.com/commerce/marketplace/guides/sellers/branding/ vieta esplicitamente l’utilizzo della parola “Magento” all’interno di un nome a dominio.
Allo stesso identico modo anche Automattic. l’azienda che sviluppa WordPress e ne detiene la titolarità del marchio vieta l’utilizzo della parola WordPress all’interno di un nome a dominio, come specificato dalle loro linee guida https://wordpressfoundation.org/trademark-policy/ :
Tuttavia, pur essendo chiare ed eloquenti le direttive ed i divieti imposti, ci sono diversi siti che ben se ne guardano di rispettarli, ottenendo un vantaggio in termini di visibilità e posizionamento non indifferenti.
Un conto è posizionare un dominio generico ed un contenuto all’interno del sito, un conto è posizionare una chiave secca che ancora oggi porta i suoi risultati.
Violazione del Trademark WordPress
Come è possibile che una ricerca molto comune come Supporto WordPress possa comparire nella prima pagina di Google, ai primi posti di Google, con un progetto “Supportowordpress.com” lanciato da meno di 4 mesi (a marzo 2022)?
Sembra difficile da credere e da pensare, eppure, i dati del Whois e lo screenshot di Google in navigazione in incognito dicono proprio questo:
Domain Name: SUPPORTOWORDPRESS.COM Registry Domain ID: 2685138150_DOMAIN_COM-VRSN Registrar WHOIS Server: whois.register.it Registrar URL: http://www.register.it Updated Date: 2022-03-29T04:39:50Z Creation Date: 2022-03-29T04:39:50Z Registry Expiry Date: 2023-03-29T04:39:50Z Registrar: Register SPA
Non solo comparire ai primi posti, ma addirittura al primo posto su Google con tanto di Snippet e numero telefonico in prima vista. Un modo assolutamente proficuo di scavalcare tutta la concorrenza che magari hanno investito ingenti budget e anni di posizionamento, content Marketing e SEO per trovarsi in fondo alla prima pagina o in seconda o addirittura oltre.
Abbiamo telefonato, facendo presente che il dominio così registrato viola la privacy, ma ad oggi sembra ancora al suo posto, sebbene abbiamo già preso delle contromisure tramite il supporto legale di Automattic al fine di vedere ripristinato il rispetto delle regole che deve valere per tutti.
Ovviamente questo è un caso evidente, ma tuttavia non è un caso unico. Facendo indagini in rete, infatti risulta che ci siano almeno ben 212 violazioni solo per i domini .it.
Violazione del Trademark Magento
Come abbiamo fatto per WordPress possiamo fare lo stesso per la parola chiave Magento.
È normale, ad esempio, che se cerchiamo Magento su Google, prima esce Magento-ecommerce.it e poi DOPO il sito ufficiale di Magento ?
La domanda è retorica, la risposta è ovvia e scontata. Tuttavia non è tollerabile che si possano ottenere dei vantaggi violando dei regolamenti in cui la stessa Adobe vieta questo comportamento.
Anche in questo caso abbiamo voluto portare a conoscenza di un caso molto esplicito che lascia poco spazio all’immaginazione, ma come per il caso precedente di WordPress, non è l’unico sito ad adottare questa scorrettezza.
Cercando in rete ne risultano ben 88 domini .it che utilizzano in modo non lecito il trademark Magento all’interno del loro dominio.
Il gioco è truccato e tutti ne hanno da perdere.
È oggettivo che in situazioni estreme come quelle sopra citate stiamo assistendo ad un gioco in cui si bara esplicitamente, in cui gli unici ad ottenere dei vantaggi è chi viola i regolamenti sui trademark per posizionare più facilmente sui motori di ricerca il proprio sito con i loro prodotti ed i loro servizi.
Non solo si ottiene un vantaggio a livello SEO e di posizionamento, ma ci si rende ancora più appetibili all’utente non esperto che cercando su Google la parola chiave si trova a cliccare molto probabilmente sul primo risultato convinti di parlare con l’assistenza ufficiale.
Certo, questa è una conclusione ipotetica, ma tuttavia verosimile con le richieste che ci arrivano per alcune parole chiave (come Roundcube ad esempio) che abbiamo posizionato involontariamente nel nostro sito e il telefono spesso squilla da parte di clienti di altri fornitori convinti erroneamente di parlare con l’assistenza Roundcube.
Tuttavia, a perdere sono in molti come ad esempio:
- Il detentore del marchio: da un punto di vista di autorità ed autorevolezza si vede scavalcato da aziende o privati che non hanno titolo per poter utilizzare il loro marchio e vengono appunto scambiati per l’azienda ufficiale. Si rischia pertanto di vedere diminuire gli utili, la credibilità ed essere associati ad aziende che non hanno probabilmente la competenza e l’autorevolezza della casa madre.
- Il cliente: Il cliente che non esperto si rivolge ai siti che hanno il marchio nel loro dominio credendo di parlare con un partner o l’assistenza ufficiale. Questo può creare un danno al cliente (immaginiamo solo lavori mal eseguiti o costi non in linea), ma anche un danno indiretto al detentore del marchio laddove il cliente abbia un’esperienza non soddisfacente con il fornitore terzo che usa e abusa illecitamente del marchio.
- I competitor che rispettano il regolamento: Aziende di sviluppo, developer, Hosting, che cercano di posizionarsi per le stesse keyword sui motori di ricerca, non utilizzando tuttavia l’utilizzo della parola chiave all’interno del dominio, si trovano penalizzati (o quantomeno non avvantaggiati) rispetto a loro competitor che in appena tre mesi arrivano in prima pagina con keyword secche.
Tutto è lecito ciò che non è espressamente vietato.
Siamo forti sostenitori della forma mentis che sostiene che tutto sia lecito se non espressamente vietato e non che sia tutto vietato se non espressamene lecito. In questi casi abbiamo potuto vedere all’inizio di questo post, come i divieti siano ben chiari e lapalissiani e come questi domini violino tali regolamenti onde ogni ragionevole dubbio.
Fino a quando un sito con un nome a dominio non conforme si trova posizionato in decima pagina, sicuramente fa un torto a tutti coloro che si trovano dopo di esso, magari in dodicesima pagina su Google, ma quando un sito del genere si trova in prima pagina fa un danno a tutti gli altri.
Cessare questa pratica scorretta con la collaborazione di Adobe e Automattic.
Ormai stanchi di guardare impassibili e impotenti a tali pratiche che sono espressamente vietate e che in modo diretto ed indiretto danneggiano noi e nostri collaboratori, abbiamo iniziato nel mese di giugno ad intavolare un rapporto comunicativo con Adobe tramite Adobe Italia, ed Automattic al fine di provvedere loro una lista di siti che attualmente infrangono il trademark e dare input per azioni di tipo cease and desist.
Cease and desist (dalla lingua inglese: cessazione e desistenza), nel common law è un documento inviato a un individuo o a un’impresa affinché fermi (“cessi”) un’attività ritenuta illegale e non la riprenda (“desista”).
Non abbiamo interesse alcuno nel danneggiare competitor, ma abbiamo invece un interesse molto vivo nel non essere danneggiati e di non vedere più clienti che si lamentano dell’assistenza ufficiale di WordPress e Magento, rendendosi poi conto che non erano loro.
Attenderemo per ora l’evoluzione della vicenda in un contesto del rispetto della legalità e dei regolamenti certi che Adobe ed Automattic abbiano a cuore l’interesse dell’intero ecosistema e della loro community.