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Prefazione: la fuga verso Shopify
Negli ultimi anni, il panorama degli e-commerce ha assistito a un cambiamento significativo nelle scelte tecnologiche delle aziende. Molti negozi online basati su piattaforme Open Source Self Hosted come WooCommerce, PrestaShop e Magento 2 hanno abbandonato l’infrastruttura auto-gestita per migrare verso Shopify, piattaforma SaaS in abbonamento.
Questa transizione ha avuto motivazioni concrete e pragmatiche. Le piattaforme self-hosted richiedono:
- competenze sistemistiche su Linux, server web, database e cloud;
- una gestione attenta della sicurezza, degli aggiornamenti e dei backup;
- una profonda conoscenza della piattaforma stessa e delle sue dipendenze (in particolare, Magento 2 basato su Zend Framework).
Inoltre, l’infrastruttura classica su cui queste piattaforme si appoggiano — in particolare PHP e MySQL/MariaDB — ha iniziato a mostrare i suoi limiti in termini di scalabilità e performance rispetto a soluzioni più moderne e ottimizzate.
Shopify, al contrario, ha guadagnato terreno grazie alla sua semplicità d’uso, alla natura fully managed, all’ottimizzazione della performance e al tempo ridotto necessario per il go-live. La sua architettura SaaS è costruita su una base altamente tecnologica: il backend è scritto principalmente in Ruby, con componenti critici sviluppati in Go, mentre il frontend è alimentato da React. L’intera infrastruttura è progettata per scalare in modo orizzontale, sfruttando servizi containerizzati, un ambiente serverless evoluto e una rete CDN globale con Cloudflare al centro della distribuzione dei contenuti, della protezione DDoS e della gestione del caching.
Shopify ha anche investito pesantemente su un ecosistema di sviluppo moderno basato su GraphQL, REST API, webhook, e strumenti di CI/CD altamente integrati, il che ha permesso un’accelerazione impressionante nel rilascio di nuove funzionalità. Tutto questo ha convinto anche realtà medio-grandi a lasciare Magento per una soluzione “chiavi in mano” che permette di concentrarsi esclusivamente sul prodotto e sul marketing, lasciando a Shopify la gestione dell’infrastruttura.
Questa tendenza ha acceso un campanello d’allarme in casa Adobe, che dopo aver acquisito Magento nel 2018 ha cercato per anni un equilibrio tra la versione Open Source e quella Enterprise (Adobe Commerce). Ma con la crescita vertiginosa di Shopify, la risposta non poteva che essere una: Magento 3 in versione SaaS.
L’annuncio: Magento 3 come SaaS
Durante l’Adobe Summit 2025, Adobe ha ufficializzato il progetto conosciuto con il nome di Magento 3 o più propriamente come “Magento as a Service”. Questa nuova visione segna un netto distacco dalle precedenti release del CMS open source, orientandosi verso un modello completamente gestito e moderno, con un’architettura cloud-native e un approccio headless in linea con le attuali esigenze del mercato e-commerce enterprise.
Ma perché Adobe si muove in questa direzione? Non si tratta solo di Magento: è un trend tecnologico globale. Sempre più piattaforme software abbracciano il modello SaaS per offrire maggiore velocità, scalabilità e semplicità d’uso. In particolare:
- Problemi di performance: molti store Magento tradizionali soffrono di lentezza, specialmente sotto carico. Il cloud auto-scalabile di Adobe può ovviare a questo.
- Manutenzione complessa: aggiornamenti, patch, gestione del server e sicurezza richiedono risorse costanti. Il SaaS solleva il merchant da tutto questo.
- Rischi di sicurezza: una piattaforma open-source mal gestita può esporre vulnerabilità. Adobe garantisce un ambiente controllato e monitorato.
- Controllo di qualità: l’approccio SaaS riduce il rischio di personalizzazioni mal implementate che possono compromettere lo store.
- Tempi di rollout: lanciare nuove funzionalità o store può richiedere ore, non settimane.
Tutto questo rende Magento 3 un’opzione più stabile, scalabile e con minor necessità di intervento sistemistico.
Il progetto è pensato per competere frontalmente con Shopify, offrendo agli utenti e alle agenzie:
- una piattaforma cloud-native gestita da Adobe;
- un’architettura moderna headless, con separazione completa tra frontend e backend;
- API-first per l’integrazione con qualsiasi touchpoint (web, mobile app, POS);
- scalabilità e performance gestite da Adobe, con un’infrastruttura proprietaria;
- tool di sviluppo e interfacce user friendly per i merchant.
L’obiettivo è semplice: portare la potenza e la flessibilità di Magento in un contesto più accessibile, dove non servano più team DevOps, sistemisti o sviluppatori Zend per mantenere il sito online.
Architettura: microservizi, SaaS e App Builder
Come spiegato in dettaglio da 5ms.co.uk, Magento 3 rappresenta un cambiamento epocale nell’architettura, segnando il passaggio definitivo da un monolite PHP a una struttura moderna e componibile.
- Il sistema si basa su microservizi indipendenti, ciascuno responsabile di un dominio funzionale specifico (carrello, ordini, pagamenti, catalogo prodotti, clienti, ecc.). Questo consente aggiornamenti mirati, scalabilità per singola funzione e isolamento dei problemi.
- L’interfaccia principale sarà headless, permettendo la creazione di frontend completamente custom, realizzati in React, Vue.js o altri framework moderni, indipendenti dalla logica backend.
- L’interazione tra le parti avverrà esclusivamente tramite REST API o GraphQL, offrendo coerenza, sicurezza e interoperabilità con app mobile, sistemi di terze parti e canali omnicanale (POS, social commerce, chatbot).
- Le estensioni non saranno più pacchetti PHP installabili via Composer, ma vere e proprie “App” containerizzate, deployabili tramite un nuovo App Builder, integrato nel backend della piattaforma e pensato per offrire uno standard di deploy uniforme, rollback automatici e ambienti di staging controllati.
Questa nuova struttura consente non solo di superare i limiti tecnici del passato (monoliticità, conflitti tra moduli, difficoltà di aggiornamento), ma anche di allinearsi al modo in cui i moderni SaaS sono costruiti, seguendo i principi del 12-factor app.
Adobe promette inoltre una developer experience semplificata, che include:
- strumenti CLI ufficiali per lo sviluppo locale e il deploy;
- ambienti cloud-based pronti all’uso per testing e debug;
- una documentazione API completa e costantemente aggiornata;
- SDK e tool per l’integrazione con ERP, CRM e sistemi di pagamento personalizzati.
Il risultato è una piattaforma pensata non più solo per sviluppatori esperti di Magento, ma accessibile a un nuovo pubblico di developer moderni, abituati a lavorare in ambienti composabili, con CICD, GitOps e workflow DevSecOps.
Adobe promette anche una developer experience semplificata attraverso strumenti CLI, ambienti di test cloud, documentazione API aggiornata e SDK per l’integrazione di terze parti.
Il ruolo del backend: addio PHP e Zend?
Una delle domande più discusse nella community riguarda il destino del backend basato su PHP, che per anni ha rappresentato il cuore di Magento. La risposta non è del tutto definitiva, ma la direzione intrapresa da Adobe con Magento 3 è chiara: PHP non sarà più il centro dell’ecosistema.
Magento 3 non eliminerà completamente PHP dal panorama tecnico, ma:
- i merchant e gli sviluppatori non dovranno più toccarlo direttamente, in quanto tutta la gestione server-side sarà astratta e nascosta dietro a servizi e API;
- Adobe controllerà l’intera piattaforma core, applicando un modello simile a quello adottato per Adobe Experience Manager Cloud, dove gli utenti interagiscono con interfacce e servizi ma non con il codice sottostante;
- la componente server-side sarà erogata come servizio, con aggiornamenti, patch e scaling gestiti automaticamente dal cloud Adobe.
Questo significa che Zend Framework, utilizzato storicamente per l’architettura di Magento 1 e 2, verrà definitivamente messo da parte, sia dal punto di vista tecnico che concettuale. I developer non avranno più bisogno di comprendere l’intero stack Magento per sviluppare o personalizzare un e-commerce, ma dovranno concentrarsi sulle API pubbliche e sui meccanismi offerti dal nuovo App Builder.
È un passaggio epocale: si abbandona il concetto di piattaforma “developer-centric” da installare, configurare, patchare e personalizzare a livello di codice, in favore di un approccio SaaS orchestrato, dove l’infrastruttura è opaca e l’unico punto di accesso è rappresentato dalle interfacce pubbliche previste da Adobe.
Per chi proviene dal mondo Magento classico, può sembrare una limitazione. Ma per la nuova generazione di sviluppatori — spesso formati su React, Node.js, microservizi e cloud-native — questa è una vera semplificazione, che consente di essere produttivi senza dover imparare un framework legacy come Zend o gestire dipendenze complesse in ambienti PHP.
Addio Composer, benvenuto App Store
Una delle novità più radicali è l’abbandono di Composer come sistema di gestione delle estensioni. Con Magento 3, Adobe dice definitivamente addio all’approccio “installa via Composer, configura via CLI” che ha caratterizzato la gestione dei moduli in Magento 2. L’intero ecosistema si evolverà in una logica più moderna e controllata, modellata sull’esperienza dell’App Store di Shopify.
L’ecosistema Magento 3 si baserà su:
- un Marketplace di App installabili direttamente dalla dashboard, con un’interfaccia grafica intuitiva;
- un sistema di approvazione e validazione centralizzato da Adobe, che garantirà la qualità e la compatibilità delle App presenti nel catalogo;
- un modello di estensione sandboxed, in cui ogni App è isolata dal core e non può causare regressioni o conflitti nel sistema principale.
Questo approccio cambia radicalmente il modo in cui si estende la piattaforma:
- meno libertà assoluta, ma maggiore affidabilità e sicurezza;
- niente più conflitti tra moduli, versioni di librerie sovrascritte o dipendenze rotte;
- ciclo di sviluppo e deploy semplificato, anche grazie a strumenti CI/CD e meccanismi di rollback automatico;
- monitoraggio centralizzato, che permetterà di tracciare problemi e prestazioni delle singole App.
Per i merchant questo significa poter installare funzionalità aggiuntive in pochi clic, senza coinvolgere sviluppatori o mettere a rischio l’intera piattaforma. Per le agenzie e gli sviluppatori indipendenti, rappresenta un’opportunità per monetizzare le proprie soluzioni attraverso un canale ufficiale, con visibilità garantita e strumenti di analytics integrati.
In sintesi, Adobe punta a costruire un ecosistema controllato e sicuro, simile a quello delle principali piattaforme SaaS, rinunciando a parte della flessibilità tipica dell’open source in favore di manutenibilità e stabilità a lungo termine.
Temi, frontend e PWA: tutto headless
Con l’adozione del paradigma headless, Magento 3 punta fortissimo su frontend moderni, lasciandosi definitivamente alle spalle il concetto di tema monolitico integrato nel core.
- Non esisterà più un tema base in PHP/HTML/CSS come in Magento 1 e 2, eliminando la necessità di intervenire direttamente su template, layout XML o file
.phtml
. - Il rendering sarà completamente demandato a frontend esterni, sviluppati con framework come React, Vue.js o Svelte, che potranno essere ospitati su CDN, frontend hosting o piattaforme Jamstack.
- Sarà possibile creare progressive web app (PWA) o app native che consumano le API del backend Magento, mantenendo sincronizzazione in tempo reale su ordini, prodotti, disponibilità e prezzi.
Questo si traduce in:
- migliori performance lato utente, grazie al caricamento asincrono, alla riduzione dei payload e all’uso di tecnologie moderne come SSR, hydration e edge rendering;
- una maggiore libertà creativa, che consente al team frontend di lavorare in autonomia rispetto agli sviluppatori backend;
- design system componibili, basati su UI Kit moderni e integrabili in ambienti headless come Storyblok, Contentful o Adobe Experience Manager.
Tuttavia, questo nuovo paradigma impone anche un profondo cambio di mentalità agli sviluppatori:
- non sarà più possibile modificare direttamente il comportamento del sito tramite override di template o moduli PHP;
- sarà necessario padroneggiare concetti come API consumption, sicurezza CORS, JWT, caching distribuito e fallback offline per garantire un’esperienza PWA fluida;
- l’intero ciclo di sviluppo frontend dovrà allinearsi a logiche da software moderno, con build system (es. Vite, Webpack), test E2E, automazione CI/CD e gestione delle performance lato client.
Magento 3, dunque, non è solo un cambio architetturale: è una ri-definizione del ruolo del frontend all’interno di un progetto e-commerce moderno, che richiederà competenze full stack orientate al decoupling e alla scalabilità.
Target: PMI, agenzie e grandi brand
Magento 3 SaaS si rivolge a:
- PMI che cercano una piattaforma professionale senza dover gestire infrastrutture complesse;
- agenzie digitali che vogliono velocizzare i tempi di delivery e ridurre i costi di mantenimento;
- grandi brand che necessitano di una piattaforma scalabile, API-first, integrabile con ERP e CRM ma che non vogliono più investire in team dedicati solo alla manutenzione Magento.
I limiti del modello SaaS
Naturalmente, questo cambio non è privo di conseguenze. L’approccio SaaS ha dei limiti oggettivi che impattano direttamente su flessibilità, governance e controllo:
- minor libertà di personalizzazione, soprattutto lato core: non sarà più possibile intervenire sul codice sorgente del backend, alterare il comportamento delle classi core o applicare override a basso livello, come avveniva in Magento 2;
- dipendenza totale da Adobe per performance, uptime, sicurezza e roadmap evolutiva: qualsiasi modifica strutturale alla piattaforma richiederà attesa o approvazione da parte di Adobe;
- costi legati al licensing che saranno presumibilmente più elevati rispetto alla versione open source, anche se inferiori ad Adobe Commerce, con un pricing basato probabilmente su volumi di traffico, ordini o funzionalità attivate;
- riduzione dell’autonomia tecnica da parte dei merchant: backup, restore, monitoraggio e tuning delle performance saranno integralmente gestiti dalla piattaforma.
Inoltre, molti sviluppatori storici di Magento 2 vedranno ridotto il loro ruolo e la loro capacità di intervento:
- si passerà da costruttori di moduli complessi e modifiche low-level a integratori di app esterne e custom frontend;
- i flussi di lavoro si sposteranno da ambienti full stack a logiche frontend-heavy, dove il backend è considerato un servizio remoto e non modificabile;
- figure professionali come DevOps e Magento Backend Specialist diventeranno meno centrali, a vantaggio di profili come frontend developer, API integrator e product designer.
Il rischio per alcuni partner storici è di perdere vantaggio competitivo nel custom development, a fronte di una standardizzazione dell’ecosistema. Tuttavia, questo può anche rappresentare un’opportunità di rinnovamento per agenzie e system integrator che sapranno riposizionarsi nel nuovo contesto SaaS.
Magento Open Source: che fine farà?
Una delle domande che resta aperta è: che ne sarà di Magento 2 Open Source?
Al momento Adobe non ha comunicato ufficialmente la dismissione della versione open source, ma è chiaro che il focus degli investimenti e dell’innovazione si sta spostando in maniera decisa sulla piattaforma SaaS. Questo lascia intravedere uno scenario in cui Magento Open Source:
- continuerà a essere aggiornato dalla community per qualche anno, con bugfix e patch di sicurezza mantenute da contributori indipendenti e aziende partner;
- verrà mantenuto attivo solo per progetti legacy, ambienti ad alta personalizzazione o merchant con infrastrutture ibride che non possono — o non vogliono — passare a un modello SaaS;
- perderà progressivamente appeal, soprattutto tra le nuove agenzie e merchant che cercheranno soluzioni più semplici da mantenere, con time-to-market ridotti e costi prevedibili;
- potrebbe vedere una biforcazione non ufficiale, come già accaduto in passato con OpenMage (per Magento 1), se una parte della community decidesse di preservare un’alternativa self-hosted a lungo termine.
In ogni caso, la prospettiva più realistica è che Magento 2 Open Source diventi un ramo di mantenimento secondario, utile solo in contesti specifici, mentre Adobe convoglierà risorse, supporto e attenzione commerciale esclusivamente su Magento 3 SaaS e Adobe Commerce Cloud.
Conclusione: Adobe rilancia la sfida a Shopify (e ridefinisce il ruolo dell’infrastruttura IT)
Con Magento 3, Adobe risponde direttamente all’egemonia di Shopify nel mondo SaaS. Dopo anni di incertezza e progressivo disinteresse verso l’ecosistema Open Source, il colosso del software punta tutto su un modello cloud-native, orchestrato e centralizzato, rinunciando alla filosofia che aveva reso Magento un punto di riferimento per l’ecommerce tecnico e altamente personalizzabile.
Tuttavia, mentre si consolida questo cambio di paradigma, è fondamentale interrogarsi sul ruolo che avranno in futuro:
- i provider di hosting specializzati,
- i sistemisti Linux esperti di performance e sicurezza,
- i datacenter regionali o indipendenti,
- e in generale gli specialisti IT che da anni costruiscono e mantengono le infrastrutture su cui girano migliaia di e-commerce Magento.
L’ascesa del modello SaaS — prima con Shopify e ora, potenzialmente, anche con Magento 3 — rischia di marginalizzare tutta una filiera tecnica e consulenziale che ha sostenuto per oltre un decennio il mondo ecommerce. In un contesto in cui tutto è gestito dal vendor e dove uptime, scalabilità, CDN, patching, log e backup sono demandati a un sistema chiuso e proprietario, il valore aggiunto dei professionisti IT rischia di essere fortemente ridimensionato.
Questo non vuol dire che il ruolo di hosting provider e specialisti IT sia destinato a scomparire, ma piuttosto che dovrà evolversi profondamente:
- offrendo servizi complementari alla logica SaaS (es. monitoraggio esterno, backup multi-cloud, analisi di sicurezza indipendente);
- specializzandosi su migrazioni da piattaforme legacy o ibride verso modelli SaaS;
- verticalizzando le competenze su stack tecnologici alternativi (es. headless open source, CMS decoupled, edge computing);
- supportando ambiti altamente regolamentati o soggetti a vincoli di compliance, dove la gestione autonoma dell’infrastruttura è ancora una necessità.
Inoltre, è tutt’altro che scontato che Magento 3 riuscirà ad arrestare la migrazione verso Shopify, che si è ormai imposto come standard de facto nel segmento mid-market e per molte grandi aziende. L’efficacia di Adobe dipenderà dalla rapidità di esecuzione, dalla qualità dell’ecosistema di app e dall’accoglienza della community storica.
Nei prossimi mesi sarà fondamentale osservare:
- l’accoglienza delle agenzie e degli sviluppatori che oggi ancora puntano su Magento 2;
- le prime demo e i casi studio concreti;
- l’evoluzione della roadmap ufficiale Adobe e la capacità di mantenere continuità per i merchant esistenti.
Una cosa, però, appare chiara: l’era del Magento self-hosted come lo conoscevamo è prossima al tramonto. E in questo scenario, Adobe non si limita a rispondere a Shopify, ma intende ridefinire le fondamenta tecniche dell’ecommerce enterprise.