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Cari lettori e colleghi,
oggi desidero portare alla vostra attenzione un tema cruciale e di grande attualità per il nostro settore: l’abilitazione delle professioni web. Troppe volte, nel nostro percorso professionale, ci troviamo di fronte a “professionisti” che, nonostante si presentino come tali, mostrano evidenti lacune tecniche che mettono a rischio l’integrità e la qualità del lavoro svolto. Queste carenze non solo compromettono i progetti in cui sono coinvolti, ma minano anche la fiducia dei clienti e danneggiano l’intera comunità professionale.
È giunto il momento di interrogarci seriamente se non sia necessario istituire degli albi professionali o degli esami di stato per certificare le competenze di chi desidera operare come esperto IT. Un sistema di certificazione formale potrebbe garantire un livello minimo di competenza, proteggendo così sia i professionisti competenti che i clienti.
Qualcuno potrebbe obiettare, a ragione, che gli albi e gli esami di stato rappresentano un vincolo in un contesto libertario dove il mercato dovrebbe autoregolamentarsi. È una critica valida: in teoria, il mercato dovrebbe eliminare naturalmente i professionisti incompetenti. Tuttavia, la realtà dimostra che l’assenza di standard minimi di competenza permette a individui impreparati di operare, spesso causando danni significativi. È lecito e giusto lasciare che chiunque, senza una verifica delle competenze, possa operare liberamente rischiando di provocare danni irreparabili?
Un quadro preoccupante
Considerate il caso dello sviluppatore web che crea siti assemblando plugin con WordPress ed Elementor, senza avere alcuna conoscenza approfondita di PHP, HTML o CSS. Questo scenario, purtroppo, è diventato così comune da essere accettato come la norma. Tuttavia, possiamo davvero definire “professionista” chi ignora le fondamenta della programmazione web? Questa superficialità non solo sminuisce la nostra professione, ma crea un precedente pericoloso in cui la qualità viene sacrificata sull’altare della velocità e della facilità. La mancanza di conoscenza tecnica non solo limita la capacità di risolvere problemi complessi, ma riduce anche la possibilità di innovazione, portando a soluzioni ripetitive e poco efficaci. Questo atteggiamento non fa altro che alimentare un circolo vizioso di mediocrità, dove il minimo indispensabile viene scambiato per competenza.
Ma non è tutto. Pensate al sistemista che si affida esclusivamente a Plesk o cPanel per gestire i server, incapace di configurare correttamente i permessi su file e directory, o di utilizzare i comandi SSH più basilari. Questi individui non solo operano nel mercato, ma spesso offrono i loro servizi a prezzi stracciati, creando un’illusione di competenza a basso costo che, in realtà, nasconde gravi carenze. Questi pseudo-professionisti sono in grado di compromettere seriamente l’affidabilità e la sicurezza delle infrastrutture IT. Le conseguenze di tale incompetenza possono essere devastanti: da vulnerabilità di sicurezza facilmente sfruttabili a interruzioni di servizio che possono paralizzare le operazioni aziendali. L’uso di strumenti di gestione semplificata, se non supportato da una solida conoscenza tecnica, può portare a configurazioni errate e a una mancanza di ottimizzazione delle risorse, con un impatto negativo sia sulle prestazioni che sui costi.
Inoltre, la presenza di questi pseudo-professionisti sul mercato non solo danneggia i clienti, ma erode anche la fiducia nel nostro settore. Quando un cliente subisce un’esperienza negativa a causa dell’incompetenza di uno di questi individui, è probabile che generalizzi questa esperienza a tutta la categoria, mettendo in dubbio la professionalità di tutti noi. Questo rende ancora più difficile per i veri professionisti IT dimostrare il loro valore e ottenere il riconoscimento che meritano. La competizione basata sul prezzo piuttosto che sulla qualità porta a una corsa al ribasso, in cui la sopravvivenza è riservata a chi taglia più angoli, a discapito della qualità del servizio.
Danni irreparabili
Le conseguenze di tale incompetenza possono essere devastanti. Immaginate un sito web che scompare improvvisamente dalla rete a causa di una migrazione mal gestita, oppure un file robots.txt configurato erroneamente con un comando “Disallow All”, copiato da qualche tutorial online senza comprenderne il reale significato. Questi esempi non sono solo ipotetici, come potete vedere dall’immagine seguente che indica una migrazione mal gestita, ma rappresentano scenari che si verificano troppo spesso, causando danni concreti e talvolta irreparabili ai clienti. Un sito offline non è semplicemente un inconveniente temporaneo, ma può tradursi in una perdita di vendite, danni all’immagine aziendale e frustrazione per gli utenti, portando a una riduzione della fidelizzazione e alla perdita di potenziali nuovi clienti.
Un sito web è spesso il cuore pulsante delle attività di un’azienda, il punto di contatto principale con i clienti e il mercato. Un errore tecnico può significare la perdita di dati, la compromissione della sicurezza e, in ultima analisi, un danno alla reputazione e alle finanze dell’azienda. Ad esempio, la perdita di dati critici può mettere in ginocchio operazioni fondamentali, costringendo a lunghe e costose operazioni di recupero. La compromissione della sicurezza, invece, può esporre dati sensibili a malintenzionati, con conseguenze legali e finanziarie che possono durare anni. È inaccettabile che tali rischi siano il risultato di incompetenza e superficialità, spesso frutto di una formazione inadeguata e di una mancanza di verifiche sulle effettive capacità dei cosiddetti professionisti.
Inoltre, questi problemi non solo colpiscono direttamente i clienti, ma danneggiano l’intero settore. Ogni incidente di questo tipo mina la fiducia nelle soluzioni IT professionali, creando un clima di sospetto e incertezza. Le aziende che subiscono tali danni sono spesso riluttanti a investire nuovamente in servizi web, preferendo soluzioni meno rischiose e talvolta meno efficaci. Questo frena l’innovazione e limita le opportunità di crescita per tutti i professionisti del settore.
La necessità di un esame di stato ?
Non sto necessariamente proponendo la creazione di un albo professionale obbligatorio, ma quanto meno un esame di stato che certifichi le competenze di chi si propone come professionista IT. È essenziale distinguere tra conoscenze di base e competenze specifiche. Ad esempio, conoscere la sintassi SQL standard ANSI 92 non implica automaticamente essere esperti di MySQL, MariaDB, PostgreSQL o Oracle. Ogni sistema ha le sue peculiarità e richiede competenze specifiche che vanno oltre le basi teoriche. La comprensione delle differenze tra i vari sistemi, la capacità di ottimizzare le performance e di gestire le peculiarità di ciascun database sono competenze che non si possono acquisire semplicemente leggendo un manuale.
Un esame di stato potrebbe fungere da filtro, assicurando che solo chi possiede un adeguato livello di preparazione possa accedere al mercato come professionista certificato. Questo non solo alzerebbe gli standard qualitativi, ma offrirebbe ai clienti una garanzia di competenza e affidabilità. Immaginate la tranquillità di un cliente che sa di poter contare su un professionista la cui preparazione è stata verificata e certificata da un organismo ufficiale. Questo innalzerebbe la fiducia nel settore IT e contribuirebbe a ridurre i danni causati dall’incompetenza.
La complessità e la varietà dei compiti in ambito IT richiedono una verifica puntuale delle competenze, che attualmente manca in molte aree del nostro settore. Attività come la gestione di server, la sicurezza informatica, lo sviluppo di applicazioni e l’analisi dei dati sono discipline che richiedono una formazione continua e approfondita. Un esame di stato potrebbe garantire che chi opera in questi ambiti abbia un livello di conoscenza adeguato, riducendo il rischio di errori costosi e migliorando la qualità complessiva dei servizi offerti.
Inoltre, l’istituzione di un esame di stato potrebbe fungere da incentivo per i professionisti a mantenere e aggiornare le proprie competenze. Sapere che le proprie capacità saranno periodicamente verificate può spingere gli individui a investire nella propria formazione continua, mantenendosi aggiornati sulle ultime tecnologie e best practice. Questo non solo migliorerebbe la qualità del lavoro svolto, ma contribuirebbe anche a far evolvere il settore IT nel suo complesso.
Formazione continua e responsabilità professionale
Concludo con un appello alla formazione continua e alla responsabilità professionale. Accettiamo incarichi solo se siamo realmente competenti nel settore richiesto. La nostra professionalità deve essere basata su solide competenze, costantemente aggiornate e verificate. Solo così potremo garantire un servizio di qualità e preservare la fiducia dei nostri clienti. Ogni progetto che intraprendiamo rappresenta non solo un’opportunità per dimostrare le nostre abilità, ma anche una responsabilità verso chi ripone la propria fiducia in noi.
La formazione continua non è solo una necessità, ma un dovere etico per chi opera nel nostro settore. Le tecnologie evolvono rapidamente e ciò che era valido ieri potrebbe non esserlo più oggi. Restare aggiornati non significa solo seguire l’ultima moda tecnologica, ma comprendere profondamente le nuove metodologie e strumenti, applicandoli in modo efficace. Investire nel proprio aggiornamento professionale significa non solo migliorare le proprie competenze, ma anche contribuire al miglioramento complessivo del settore IT. Ogni passo avanti che facciamo come individui si riflette sulla crescita collettiva del nostro campo.
Inoltre, mantenersi aggiornati sulle ultime tecnologie e best practice non è solo un vantaggio competitivo, ma una necessità per affrontare le sfide sempre più complesse del nostro lavoro. Il mondo dell’IT è dinamico e in continua evoluzione; ciò che oggi rappresenta lo stato dell’arte, domani potrebbe essere obsoleto. Per questo motivo, è fondamentale che ciascun professionista IT dedichi tempo e risorse alla formazione continua, partecipando a corsi, conferenze e workshop, e seguendo le evoluzioni del settore attraverso la lettura di articoli specialistici e la partecipazione a community online.
È tempo di alzare gli standard e proteggere il nostro settore dagli incompetenti. Solo così potremo costruire un futuro professionale solido e rispettato. L’adozione di standard elevati e l’impegno verso la formazione continua non sono solo strumenti per migliorare la qualità del nostro lavoro, ma anche per rafforzare la fiducia dei nostri clienti e consolidare la reputazione del nostro settore. Proteggere la nostra professione dagli incompetenti non significa solo difendere i nostri interessi, ma anche garantire che i servizi IT siano all’altezza delle aspettative e delle necessità di chi li utilizza. Solo attraverso un impegno collettivo verso l’eccellenza potremo assicurare un futuro in cui la nostra professione sia rispettata e valorizzata come merita.
Un saluto,
Marco Marcoaldi
Fondatore e CTO di Managed Server SRL