12 Agosto 2025

Bedrock un Moderno Boilerplate WordPress

Perché tante agenzie e team tecnici stanno “impacchettando” WordPress in modo più ordinato, ripetibile e sicuro ?

WordPress BedRock

Introduzione: perché WordPress ha bisogno di un “boilerplate”

WordPress è famoso perché permette di pubblicare contenuti in fretta. Ma quando un sito cresce, ha molti plugin, ambienti di sviluppo/staging/produzione, più persone che ci lavorano e magari un e-commerce… ecco che emergono i limiti dell’approccio “classico”: file mescolati, aggiornamenti fatti a mano dal pannello, dipendenze gestite “a sentimento”, difficoltà a riprodurre lo stesso sito su un altro server.

Bedrock nasce per risolvere proprio questo: dare a WordPress un assetto moderno, ispirato alle pratiche del software professionale, senza cambiare WordPress in sé. Non è un nuovo CMS, non è un fork, non è un tema: è un boilerplate, cioè un modello di progetto già predisposto con una struttura chiara, impostazioni sane e strumenti attuali per gestire dipendenze, configurazioni e rilasci.

Cos’è Bedrock in parole semplici

Se pensiamo a un sito WordPress come a una casa, la versione “classica” è una casa dove la cucina è anche ripostiglio e i cavi corrono un po’ ovunque. Funziona, ma è caotica. Bedrock ti consegna la stessa casa, però con stanze separate, impianti a norma e un contatore delle utenze facilmente raggiungibile.

In pratica Bedrock:

  • Organizza le cartelle in modo più pulito (ad esempio separa il “document root” pubblico dal resto del progetto).

  • Tratta WordPress stesso come una dipendenza (non come qualcosa da scaricare e copiare a mano).

  • Gestisce plugin e temi via Composer, lo strumento più diffuso in PHP per le dipendenze.

  • Definisce configurazioni per ambiente (sviluppo, staging, produzione) usando variabili d’ambiente e file .env.

  • Aggiunge alcune impostazioni di sicurezza di base e buone pratiche (per esempio disabilitare l’editor di file dal backend).

Tradotto: il tuo sito è più ordinato, ripetibile e facile da mantenere nel tempo.

La storia in breve: da Roots alla community

Bedrock nasce nell’ecosistema Roots, una community che da anni lavora per “modernizzare” WordPress senza stravolgerlo. Dentro questo ecosistema trovi anche Sage (un tema starter orientato allo sviluppo moderno) e Trellis (strumenti per provisioning e deploy). Bedrock è il tassello che sistema come strutturare un progetto.

Nel tempo, sempre più sviluppatori hanno adottato Composer per gestire plugin e WordPress core come pacchetti versionati. Con l’arrivo di repository come wpackagist (che replica i plugin del directory ufficiale in formato Composer), Bedrock è diventato lo standard de facto per chi vuole tenere il controllo del proprio progetto WordPress con strumenti professionali.

Gli obiettivi di Bedrock

Gli scopi principali si riassumono in cinque parole: ordine, ripetibilità, sicurezza, collaborazione, velocità.

  1. Ordine: una struttura di cartelle chiara (ad esempio una web/ pubblica e il resto del progetto tenuto al sicuro).

  2. Ripetibilità: con Composer puoi ricostruire lo stesso sito identico dovunque, senza “magie” locali.

  3. Sicurezza: il codice sensibile è fuori dalla cartella pubblica; l’editor di file nel backend è disabilitato; le chiavi/“salt” sono gestite correttamente.

  4. Collaborazione: in un team ci si capisce al volo perché c’è una convenzione; niente più “dove hai messo quel file?”.

  5. Velocità di lavoro: aggiornamenti, rollback e deploy diventano procedure “a pulsante” nelle pipeline.

I vantaggi concreti (spiegati senza tecnicismi)

  • WordPress come dipendenza: invece di scaricare WordPress a mano, è Composer a farlo. Risultato: quando aggiorni, aggiorni in modo tracciato e “ripetibile” su tutti gli ambienti.

  • Plugin e temi gestiti in modo professionale: li “dichiari” in un file (come una lista della spesa) e poi un comando li installa. Risultato: un collega, una macchina di staging o un server di produzione otterranno le stesse versioni.

  • Ambienti separati: sviluppo, staging e produzione possono avere configurazioni diverse, ma chiare e controllate (per esempio credenziali o URL differenti). Risultato: meno sorprese quando pubblichi.

  • Sicurezza aumentata: il server espone pubblicamente solo ciò che deve essere pubblico. Risultato: riduci il rischio di esporre file o cartelle sbagliate.

  • Aggiornamenti controllati: fai un aggiornamento, testi su staging, poi rilasci in produzione con lo stesso identico set di file. Se qualcosa va storto, fai rollback.

  • Backup più sensati: i sorgenti (gestiti da Git) sono separati dai contenuti dinamici (media e database). Risultato: sai cosa salvare e come ripristinare.

  • Più ordine nelle migrazioni: spostare un sito tra server non è più “esporta, incrocia le dita, importa”. Hai dipendenze versionate e configurazioni prevedibili.

  • Nessun lock-in: è sempre WordPress. Solo più disciplinato.

A chi è rivolto (e a chi forse no)

  • Agenzie e team: hanno spesso più ambienti, più mani sul codice, scadenze serrate. Bedrock dà disciplina e riduce gli inciampi.

  • E-commerce e siti business-critical: serve controllo su aggiornamenti e rilasci, e la possibilità di rollback rapidi.

  • Freelance esigenti: se vuoi differenziarti offrendo un WordPress più professionale e robusto, Bedrock è un ottimo biglietto da visita.

  • Chi usa CI/CD o container: Bedrock si integra bene con pipeline di deploy e ambienti containerizzati (Docker, ecc.).

  • Chi vuole imparare buone pratiche: è un ottimo “modello” da cui copiare abitudini sane.

Per chi forse non serve: un blog personale molto semplice, aggiornato raramente, gestito “tutto dal pannello” e ospitato su un hosting condiviso senza necessità di staging. Bedrock non è complicato, ma introduce concetti (Composer, ambienti, configurazioni) che hanno senso se il progetto merita un minimo di processo.

Come si presenta un progetto Bedrock (senza guardare il codice)

Prima di tutto: Bedrock non cambia WordPress, cambia come è organizzato il progetto. A colpo d’occhio, invece di una cartella unica con “un po’ di tutto”, trovi zone distinte pensate per sicurezza, ordine e facilità di deploy. Ecco come si presenta, senza entrare nel codice:

Immagina queste aree ben separate:

  • Una cartella pubblica (di solito web/): è quella che il server “vede”. Dentro ci sarà la parte pubblica di WordPress (come wp/wp-admin, wp/wp-includes) e la cartella app con temi e plugin che devono essere accessibili.

  • Una parte privata (il resto del progetto): file di configurazione, librerie scaricate da Composer, script di deploy e tutto ciò che non deve stare nella cartella pubblica.

  • Dei file di configurazione per ambiente: sviluppo, staging, produzione. Le cose “segrete” (password, chiavi) stanno in variabili d’ambiente o in file .env non tracciati pubblicamente.

  • Un manifest delle dipendenze (il famoso composer.json): lì dichiari versione di WordPress, plugin e qualsiasi libreria PHP necessaria.

Questa organizzazione ti evita la classica situazione “ho aggiornato un plugin al volo in produzione e nessuno sa che versione sia”. Con Bedrock, tutto è dichiarato.

Che differenza fa per sicurezza e manutenzione

Prima il concetto chiave: Bedrock riduce la superficie d’attacco e rende le operazioni tracciabili. Non aggiunge “magia” alla sicurezza, ma applica buone pratiche strutturali: separa ciò che è pubblico da ciò che non lo è, sposta i segreti fuori dal codice, impedisce modifiche estemporanee in produzione e introduce un flusso di lavoro verificabile (staging → test → rilascio → eventuale rollback). Questo si traduce in meno esposizione, meno errori umani e più controllo.

Sul fronte manutenzione, Bedrock favorisce il principio del minimo privilegio (esporre solo ciò che serve) e l’auditabilità (ogni cambiamento passa da Git e da una pipeline chiara). Risultato: aggiornamenti prevedibili, ripristini rapidi e un ciclo di vita più sano per il progetto.

  • Document root pulito: esponi solo la cartella web/. Il resto del progetto è invisibile dall’esterno. È una buona pratica che riduce i rischi.

  • Editor di file disabilitato nel backend: nessuno modifica i file del tema o dei plugin direttamente da WordPress. Le modifiche passano dal flusso giusto (Git, revisione, deploy).

  • Chiavi e “salt” correttamente gestiti: Bedrock incoraggia a impostarle una volta e a tenerle al sicuro, senza lasciarle a valori predefiniti o dimenticarsene.

  • Aggiornamenti testabili: prima provi su staging, poi rilasci. Se serve, torni indietro. Meno panico, più controllo.

Come cambia il modo di lavorare (workflow semplice)

Prima l’idea di fondo: Bedrock non cambia WordPress, cambia il modo in cui lo gestisci. Trasforma attività spesso “artigianali” (aggiornare, migrare, rilasciare) in passi espliciti, ripetibili e verificabili. Il risultato è un flusso chiaro che riduce gli imprevisti: stesse versioni in tutti gli ambienti, rilasci controllati, rollback senza panico. Ecco come appare, nella pratica, il quotidiano con Bedrock.

  • Dichiari le dipendenze (WordPress, plugin, tema) nel file di progetto.
  • Versioni il codice con Git. Così ogni cambiamento è tracciato.
  • Su staging ricrei il sito esattamente uguale allo sviluppo perché Composer installa le stesse versioni.
  • Testi: se tutto va, fai il deploy in produzione.
  • Un problema? Rollback alla versione precedente con un click (o un comando), perché ogni release è uno stato preciso del progetto.

Per i contenuti (media e database) usi i soliti strumenti: backup programmati, esportazione/importazione del DB, sincronizzazione degli upload (o uno storage esterno). Bedrock non cambia WordPress, rende solo più ordinata la gestione del codice e delle dipendenze.

Compatibilità con hosting e strumenti

Prima di tutto, una cornice: Bedrock non richiede un provider specifico, ma alcuni requisiti minimi per lavorare bene — accesso SSH (o comunque un flusso di build dove eseguire Composer), possibilità di impostare una document root dedicata (es. web/), gestione di variabili d’ambiente e un processo di deploy prevedibile. Se queste condizioni sono presenti, Bedrock si integra senza frizioni nei più comuni scenari di hosting e negli strumenti che già usi ogni giorno.

  • Hosting condiviso: se il provider consente di impostare la cartella pubblica su web/, già sei a buon punto. In alternativa, il deploy può “copiare” solo ciò che deve stare nella root pubblica.
  • Hosting gestiti per WordPress: molti permettono cartella web custom o forniscono una guida per strutture alternative. In caso contrario, si usano pipeline che adattano il pacchetto finale alla root prevista.
  • CI/CD: Bedrock è perfetto per pipeline come GitHub Actions, GitLab CI, Bitbucket, ecc. Si esegue Composer, si prepara il pacchetto e si rilascia.
  • Docker e simili: Bedrock si presta a immagini/servizi separati (PHP, web server, database), semplificando lo sviluppo in team.
  • WP-CLI: nessun problema, continua a funzionare come sempre ed è spesso parte del processo di deploy.

I nostri Hosting WordPress di MANAGED SERVER SRL sono perfettamente compliant e supportano Bedrock: document root personalizzabile (esposizione della sola web/), SSH e Composer disponibili nel flusso di build, WP-CLI operativo, gestione di variabili d’ambiente (.env), piena integrazione con pipeline CI/CD e strumenti di caching/ottimizzazione (Redis/OPcache/NGINX) dove previsti dal piano. In pratica, puoi adottare Bedrock senza compromessi e con un’infrastruttura pensata per sostenerne le buone pratiche.

“Ma allora il sito va più veloce?”

Non direttamente. Bedrock non è un plugin di caching né un’ottimizzazione delle query. È una base di progetto che mette ordine: da solo non accelera WordPress, ma rende molto più semplice applicare e mantenere tutte le ottimizzazioni che fanno la differenza. I benefici arrivano per via indiretta: struttura pulita, dipendenze tracciate, ambienti separati e un processo di deploy serio che ti permette di sperimentare, misurare, rilasciare e fare rollback senza traumi. In pratica, Bedrock crea le condizioni per un sito più performante e stabile; poi la velocità la portano scelte tecniche mirate.

Come Bedrock aiuta indirettamente la performance:

  • Versioni bloccate e ripetibilità: stessi core, stessi plugin, stesse configurazioni su sviluppo, staging e produzione. Questo elimina gli “effetti collaterali” di aggiornamenti casuali che spesso degradano le prestazioni.

  • Configurazioni per ambiente (.env): puoi attivare/disattivare cache, CDN, debug e log a seconda del contesto, evitando overhead inutili in produzione e favorendo diagnosi accurate in sviluppo.

  • Document root separata (web/): meno superficie esposta e struttura più chiara per integrare reverse proxy e full page cache.

  • MU-plugins e disciplina del codice: caricamenti essenziali, logica condivisa e inizializzazioni più prevedibili aiutano a ridurre bloat e conflitti.

  • Pipeline di build e deploy: faciliti minificazione/concatenazione degli asset del tema, preload delle risorse critiche, versionamento degli statici (cache-busting) e test sistematici dei Core Web Vitals prima del rilascio.

Cosa serve davvero per renderlo veloce (con Bedrock come “abilitatore”):

  • Layer applicativo: scegliere temi e plugin leggeri, evitare duplicazioni funzionali, usare Object Cache (es. Redis) per transients e query ripetitive, programmare precaricamenti intelligenti, disattivare cron “virtuale” a favore di uno system cron reale, monitorare query lente e refactor dove necessario.

  • Layer server: PHP moderno con OPcache ben tarato, PHP-FPM con pool e process manager adeguati al carico, NGINX o Apache ottimizzati, Full Page Cache (es. Varnish o FastCGI cache), compressioni Gzip/Brotli, HTTP/2 e HTTP/3 (QUIC), TLS efficiente, CDN per statici e media (con immagini in WebP/AVIF e politiche di scadenza corrette), strategie di invalidation dei contenuti coerenti con il CMS.

  • Database: schema e indici curati, slow query log attivo, parametri di MariaDB/MySQL ottimizzati per il workload, eventuale separazione DB e caching lato oggetti; niente “vecchie scorciatoie” (come il query cache deprecato), ma attenzione a piani d’esecuzione e cardinalità.

  • Architettura e contenuti: upload su storage esterno con CDN, lazy-load sensato, riduzione del JS non essenziale, CSS critico, font caricati in modo efficiente; il tutto testato su staging con budget di performance e alert automatici.

Bedrock è un WordPress ben mantenuto e organizzato. Le prestazioni, però, dipendono dall’applicazione rigorosa delle best practice di sviluppo e di sistemistica: Object Cache (Redis), Full Page Cache (Varnish o equivalenti), web server NGINX configurato a dovere, OPcache, CDN, database ottimizzato e attenzione costante ai Core Web Vitals. Bedrock non è la cura miracolosa, è il terreno fertile su cui far crescere un WordPress veramente veloce.

Limiti e possibili ostacoli (da conoscere prima)

Prima la chiarezza: Bedrock non è una bacchetta magica. Introduce ordine e processo, e questo richiede nuove abitudini (per persone e strumenti). Meglio sapere in anticipo dove può “tirare”, così pianifichi le mitigazioni (formazione, tooling, tempi) e non ti scoraggi nelle prime settimane. Quelli sotto non sono blocchi, ma voci da mettere a budget per un’adozione serena e graduale.

  • Curva di apprendimento: se nessuno nel team ha mai usato Composer, ci sarà un piccolo sforzo iniziale. Ma è un investimento che ripaga.
  • Plugin premium: non tutti distribuiscono pacchetti “pronti per Composer”. Ci sono soluzioni (repository privati, strumenti che impacchettano i plugin), ma va messo in conto.
  • Hosting non flessibile: se non puoi impostare la web/ come cartella pubblica, serve un processo di build che sistemi i file nella root prevista. Non è impossibile, ma richiede organizzazione.
  • Modifiche “al volo” in produzione: con Bedrock non si fanno—è un bene, ma all’inizio qualcuno potrebbe sentirlo come un limite. Meglio così: si riducono le sorprese.

Esempi di casi d’uso

Prima di entrare nel dettaglio, una premessa: Bedrock dà il meglio quando ordine, ripetibilità e sicurezza impattano davvero su tempi, costi e rischi del progetto. Gli scenari qui sotto non sono “per sviluppatori” e basta: sono situazioni concrete in cui serve poter ricreare lo stesso ambiente ovunque, aggiornare senza sorprese e fare rollback rapidi. Se ti riconosci in almeno uno di questi contesti, è molto probabile che un boilerplate moderno come Bedrock ti faccia risparmiare tempo e mal di testa—oggi e nelle evoluzioni future del sito.

  • Agenzia digitale: più progetti all’anno, team misti (dev, content, PM). Bedrock standardizza il modo di lavorare: nuovi membri capiscono subito dove mettere le mani.
  • E-commerce: aggiornamenti di sicurezza frequenti, test su staging obbligatori, necessità di rollback rapido. Con Bedrock, aggiornare WooCommerce o un gateway di pagamento è un processo sotto controllo.
  • Portale multilingua: tanti plugin, integrazioni esterne, deploy programmati. Avere un elenco dichiarato e versionato delle dipendenze evita divergenze tra ambienti e riduce il rischio di bug “fantasma”.

Domande frequenti (FAQ)

Stai valutando Bedrock e ti frullano in testa le solite domande “terra-terra”? Ottimo: qui trovi risposte rapide e senza gergo alle obiezioni più comuni. L’obiettivo è capire cosa cambia davvero nel quotidiano (installazioni, aggiornamenti, backup, strumenti) prima ancora di parlare di codice o pipeline.

  • Bedrock è un altro WordPress?
    No. È sempre WordPress, ma con una struttura di progetto più ordinata e strumenti moderni.
  • Posso usarlo su un sito esistente?
    Sì, si può migrare. Richiede metodo: sposti il progetto nella struttura Bedrock, dichiari le dipendenze in Composer, sistemi la cartella pubblica e le configurazioni. Non è un “click”, ma è fattibile.
  • Devo imparare a programmare?
    No, ma conviene prendere confidenza con Composer e con l’idea di “ambienti” (sviluppo/staging/produzione). Non serve scrivere codice complesso.
  • Funziona con i temi e i plugin che uso già?
    Nella quasi totalità dei casi sì. La differenza è come li gestisci (con Composer e versionamento) più che quali usi.
  • E se un plugin premium non è su Composer?
    Si può usare un repository privato o strumenti che “impacchettano” il plugin in modo da integrarlo nel flusso. È una pratica comune.
  • Cosa cambia nel backup?
    Il codice è in Git (facile da ripristinare), i contenuti dinamici (database e upload) si backup-pano come sempre. La separazione rende tutto più chiaro.
  • Posso continuare a usare il pannello di WordPress?
    Certo. Bedrock non toglie funzioni al backend. Semplicemente sconsiglia modifiche dirette ai file da lì.

Perché “boilerplate” non vuol dire “rigido”

La parola può spaventare: sembra che “ti chiuda” in una scatola. In realtà un boilerplate ti libera dal reinventare l’ovvio: struttura delle cartelle, separazione tra pubblico e privato, gestione delle configurazioni. Ti concentri su cosa deve fare il sito, non su come incastrare i pezzi ogni volta. Se hai bisogno di qualcosa in più, puoi estenderlo: Bedrock non è un recinto, è una base solida.

Come aiuta la collaborazione tra persone e reparti

  • Trasparenza: tutti vedono le stesse dipendenze, le stesse versioni, le stesse configurazioni per ambiente.

  • Onboarding rapido: un nuovo collega clona il progetto, esegue Composer e parte subito.

  • Controllo dei rilasci: PM e dev parlano la stessa lingua—“rilasciamo la versione X” significa davvero quella versione di core e plugin.

  • Recupero dagli errori: se qualcosa va storto in produzione, un rollback è una procedura, non un rito propiziatorio.

Che impatto ha sui costi e sul tempo

  • Meno tempo perso a inseguire bug nati da “ambienti diversi”.

  • Aggiornamenti pianificabili: li fai su staging, poi replichi in produzione senza rifare il lavoro.

  • Manutenzione prevedibile: sapere “cosa c’è dentro” un sito permette stime più realistiche e contratti di assistenza più chiari.

Nell’arco di un progetto medio-lungo, Bedrock tende a far risparmiare—non perché sia magico, ma perché riduce gli sprechi.

Un confronto onesto con l’approccio “classico”

  • Installazione tradizionale: scarichi WordPress, carichi via FTP, aggiungi plugin dal pannello, modifichi qualche file, aggiorni quando capita.
    Pro: partenza immediata.
    Contro: difficile mantenere ordine, difficile lavorare in team, rischioso aggiornare “live”.

  • Installazione con Bedrock: WordPress, plugin e tema sono dichiarati; esistono ambienti separati; il deploy è ripetibile.
    Pro: ordine, sicurezza, collaborazione, rollback.
    Contro: serve adottare un minimo di processo (Composer, Git, pipeline).

Se il sito vale (revenue, reputazione, volume di traffico), l’approccio Bedrock è generalmente un upgrade netto.

Conclusioni: quando scegliere Bedrock

Scegli Bedrock se vuoi che il tuo WordPress:

  • sia ripetibile su qualsiasi server;

  • abbia aggiornamenti e rollback sotto controllo;

  • separi codice e contenuti in modo sano;

  • supporti ambienti multipli senza sorprese;

  • cresca con buone pratiche fin dall’inizio.

Non è un cambio di piattaforma, è un cambio di mentalità: dal “funziona sul mio portatile” al “funziona perché è definito, testato e rilasciato con metodo”.

Bedrock è WordPress con il pilota automatico inserito sulle pratiche moderne: ti porta più lontano, con meno scossoni. Se gestisci siti che devono durare, evolvere e restare sicuri, è una base che vale la pena adottare sin da oggi.

I nostri Hosting WordPress sono perfettamente compatibili con Bedrock: document root personalizzabile (esposizione della sola web/), SSH, Composer e WP-CLI disponibili, variabili d’ambiente supportate, integrazione con pipeline GitHub Actions/GitLab CI/Bitbucket, Redis, e configurazioni server pensate per la massima efficienza.

Se vuoi valutare un passaggio graduale o un pilot su un progetto campione, possiamo preparare una proposta tecnica e un piano operativo. Quando vuoi, iniziamo.

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