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Il mito del “cloud americano”
In Italia abbiamo una caratteristica tutta nostra: adoriamo l’America.
Dagli hamburger XXL agli iPhone Pro Max fino al cloud di AWS, Google Cloud, Azure e i piani WordPress VIP Enterprise da 24.000 dollari l’anno (sì, ventiquattromila).
Il problema? Non siamo in America.
Eppure, ogni giorno, vediamo aziende che fanno scelte economiche pesanti per moda, per status o, più banalmente, per “sentito dire”:
“Ho letto che i big usano AWS, quindi dobbiamo andarci anche noi.”
Il ragionamento fila… finché non arrivano le prime fatture da 5 zeri.
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Spesso la storia inizia sempre allo stesso modo: con un incentivo.
Ti arriva l’offerta imperdibile:
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Un anno intero di crediti gratuiti su AWS;
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Un bel welcome bonus da Google Cloud;
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Una demo scintillante di WordPress VIP Enterprise, “per far decollare il tuo progetto”.
E lì ti senti al settimo cielo.
Pensi: “Beh, se i big player usano questi servizi, allora deve essere la strada giusta. Facciamolo!”
I primi mesi scorrono tranquilli: tutto gira, i costi sono azzerati, ti senti quasi parte di quell’élite tecnologica che “gioca nella Serie A del digitale”.
Poi, però, arriva il tredicesimo mese.
I crediti finiscono. Gli sconti spariscono. Il marketing smette di sorriderti.
E comincia la realtà.
La prima fattura arriva come un pugno nello stomaco:
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Aurora DB su AWS: 7.000 dollari al mese, solo per il database.
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CDN, Load Balancer e istanze EC2: altri 3.000 dollari al mese.
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Supporto “prioritario”: 2.500 dollari, che in realtà è una priorità tutta loro, non la tua.
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WordPress VIP: 24.000 dollari l’anno, giusto per gestire 30-40 milioni di pageview mensili.
A questo punto, ti siedi, prendi un respiro profondo, e inizi a fare due conti.
Perché nella tua testa risuona un pensiero fastidioso:
“Aspetta un attimo… ma che diavolo sto pagando esattamente?”
E quando ti ricordi che cosa stai ospitando su quell’infrastruttura galattica, la scena diventa quasi comica:
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Un Magento che gestisce un catalogo da poche migliaia di prodotti.
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Un WordPress con qualche migliaio di visite al giorno.
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Un WooCommerce che vende in Italia e fa 100 ordini al giorno, quando va bene.
Ed è lì che ti rendi conto della verità: hai comprato un Boeing 747 per fare il giro dell’isolato.
Benvenuto nel club del “Tu vuoi fa l’americano ma si nato in Italy”.
È il club esclusivo di chi credeva di aver fatto un investimento visionario, ma ora si trova con bollette che sembrano il PIL di un piccolo comune.
Il paradosso delle aziende italiane: spendere per moda e sentito dire
C’è un problema che vediamo ripetersi ogni giorno, quasi fosse una regola scritta: molte aziende italiane credono che comprare “americano” significhi automaticamente comprare il meglio. È un po’ come pensare che se bevi solo Coca-Cola diventerai improvvisamente più cool: in realtà, stai solo pagando di più per qualcosa che magari non ti serve.
Il fascino del “made in USA” è fortissimo, e il marketing degli hyperscaler come AWS, Google Cloud, Azure o dei piani WordPress VIP Enterprise da 24.000 dollari l’anno funziona benissimo. Ci raccontano storie di infrastrutture potenti, di scalabilità infinita, di servizi “pensati per il futuro”. E la testa dell’imprenditore inizia a viaggiare: “Se i grandi usano questi servizi, allora devo usarli anch’io. Altrimenti resto indietro”.
La realtà, però, è che questi servizi sono progettati per un mercato completamente diverso dal nostro. Sono nati per aziende che gestiscono social network globali, piattaforme con milioni di utenti attivi contemporaneamente o applicazioni distribuite su cinque continenti. Se il tuo business ha davvero quel livello di complessità, allora sì, AWS e simili possono avere senso.
Ma nella stragrande maggioranza dei casi, non è così.
Se vendi borse artigianali in Italia, se hai un WooCommerce che fa 500 ordini al giorno, se il tuo obiettivo è servire clienti italiani o al massimo europei, allora mettere in piedi un cluster da 15 nodi su Kubernetes ospitato in AWS non è soltanto inutile… è dannoso.
Perché?
Per almeno tre motivi, che spesso chi fa queste scelte sottovaluta:
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Ti complichi la vita con una gestione sproporzionata
AWS, Google Cloud e Azure non sono pensati per essere semplici. Sono ambienti progettati per team DevOps dedicati, con persone che fanno solo quello tutto il giorno. Ogni servizio è altamente configurabile, ma anche potenzialmente complesso da gestire. Se hai un piccolo team tecnico, rischi di passare più tempo a capire come far funzionare la piattaforma che a lavorare sul tuo prodotto. -
Paghi dieci volte tanto per risorse che non usi
Spesso le aziende acquistano piani sovradimensionati rispetto alle loro reali necessità. E qui il marketing americano ha vinto: ti convincono che devi “essere pronto a scalare”, che devi “anticipare la crescita”. Risultato? Pagine di fatture mensili da migliaia di euro, quando in realtà il tuo sito potrebbe funzionare benissimo con un’infrastruttura dedicata e ottimizzata, a un decimo del costo. -
Dipendi da un fornitore che non parla la tua lingua
E qui non parliamo solo di lingua letterale, ma di mentalità, di mercato, di approccio. Un servizio cloud statunitense pensa in dollari, ragiona in volumi enormi, lavora con margini che hanno senso in un Paese dove gli stipendi medi nel settore IT sono tre volte superiori ai nostri. Quando ti arriva una fattura da 7.000 dollari per un database Aurora, loro pensano che sia normale: perché nel loro mercato lo è. Nel nostro, invece, quella spesa può essere insostenibile già dopo pochi mesi.
Il risultato di questa rincorsa alla “moda” è che troppe aziende italiane si ritrovano in una trappola: hanno investito migliaia di euro in soluzioni sovradimensionate, ma non hanno migliorato le performance, non hanno aumentato i clienti, e si trovano con una bolletta fuori controllo.
La verità è che non siamo aziende americane. Non abbiamo lo stesso mercato, non abbiamo la stessa disponibilità economica e, soprattutto, non abbiamo bisogno degli stessi strumenti. A volte, spendere meno non significa accontentarsi, ma scegliere con intelligenza.
In America tutto è più grande. Anche le bollette.
C’è un concetto che sembra sfuggire a molti imprenditori italiani: in America tutto costa di più perché tutto è più grande.
Prendiamo la bottiglia di Coca-Cola: qui da noi la trovi da 1,5 litri, al massimo due se fai scorta per un barbecue. Lì, invece, parte da 3 litri. È talmente grande che ti servono due mani per versarla, e se sei da solo ti conviene allenarti prima con qualche serie di squat.
Poi ci sono le ciambelle. Qui in Italia ne compri una al bar e la tieni in mano con due dita. Negli Stati Uniti, invece, certe donuts sono talmente enormi che sembrano la ruota di una Panda. Ti servono posate, un vassoio e probabilmente anche un amico per finirle.
E che dire dei grattacieli? Qui siamo abituati a palazzi di sei piani, otto se va bene. Lì ci sono interi quartieri verticali: decine e decine di torri, una accanto all’altra, talmente alte che devi piegare la testa all’indietro per vedere la cima.
E poi… ci sono le persone. Beh, qui è meglio sorvolare. Diciamo solo che, quando tutto è più grande, anche loro tendono a esserlo.
E ovviamente, come avrai già capito, sono più grandi anche gli stipendi.
Un sistemista, un DevOps o un cloud architect negli USA guadagna mediamente tre volte tanto rispetto a un professionista italiano con la stessa esperienza. E non perché sia “più bravo”: semplicemente il mercato è diverso, il potere d’acquisto è diverso, e soprattutto il costo della vita è completamente un altro pianeta.
E questo è un punto fondamentale: se in America tutto costa di più, compresi gli stipendi, è normale che i servizi cloud e le infrastrutture siano più care.
Il problema nasce quando noi italiani ci innamoriamo di quelle stesse soluzioni pensate per quel mercato, senza considerare che giochiamo in un campionato diverso.
Prendiamo un esempio concreto.
Ruolo | Italia (RAL media) | USA (RAL media) |
---|---|---|
Sistemista Linux Senior | ~ €38.000 | ~ $135.000 |
DevOps Engineer | ~ €45.000 | ~ $150.000 |
Cloud Architect | ~ €60.000 | ~ $180.000 |
Eppure, molti italiani si stupiscono dei costi dei servizi cloud USA.
Spoiler: il prezzo è rapportato agli stipendi locali.
Quando paghi 7.000 $ al mese per un database Aurora su AWS, non ti stanno truffando: per loro, quel costo ha senso in un mercato dove uno sviluppatore entry-level prende $90.000 l’anno. E quanto scriviamo 7000 dollari al mese non è un modo di dire :
“Ma lì è tutto meglio!” (spoiler: no)
Quante volte lo sentiamo dire:
“Eh, ma Amazon è Amazon.”
“Google è Google.”
“Microsoft Azure è il futuro.”
Sì, certo. Nessuno mette in dubbio che Amazon, Google e Microsoft abbiano costruito infrastrutture incredibili. Sono colossi mondiali, ed è vero: negli Stati Uniti i loro servizi funzionano bene. Ma c’è un piccolo dettaglio che spesso viene ignorato: i loro clienti target non sei tu.
In America, chi usa WordPress VIP a 24.000 dollari l’anno non lo fa per ospitare un blog aziendale con 40.000 visite mensili. Quel piano è pensato per portali editoriali giganteschi, che generano decine di miliardi di pageview al mese, con team tecnici interni che gestiscono ogni dettaglio, budget annuali a sei zeri e infrastrutture complesse che servono utenti sparsi in mezzo mondo.
In quel contesto, ha senso.
Il problema è che noi non siamo in America.
Qui in Italia, la realtà è diversa: il tuo sito, magari, fa 40 – 50 milioni di pageview al mese — che sono numeri già importanti — ma non stai parlando di 500 milioni di visitatori distribuiti su tre continenti. Non hai un team DevOps di 20 persone, non hai cinque data center dedicati, e soprattutto non hai lo stesso budget.
Noi abbiamo ospitato numeri del genere con circa 85 milioni di pagine viste su server da qualche centinaio di euro.
Eppure, vediamo spesso aziende che si buttano in queste avventure costosissime:
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Piani WordPress VIP da 24.000 $ l’anno;
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Database Aurora da 7.000 $ al mese;
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Load balancer, CDN e istanze EC2 che ti prosciugano 3.000 $ al mese;
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Supporto “prioritario” che costa più di un affitto in centro Milano.
Sai qual è la cosa più paradossale?
Gli stessi numeri, se non migliori, li otteniamo tranquillamente con una macchina da 300 € al mese.
Sì, hai letto bene: 300 € al mese.
Un server ottimizzato, storage NVMe di nuova generazione, caching intelligente, un tuning accurato di MySQL/MariaDB e PHP-FPM, e quelle 40 milioni di pagine viste mensili le serviamo senza problemi.
La differenza?
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Niente lock-in, puoi cambiare fornitore quando vuoi.
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Prestazioni reali, perché il server è configurato sulle tue esigenze, non sulle necessità di un cliente americano con 500 milioni di utenti.
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Assistenza in italiano, da persone che ti seguono davvero, senza ticket aperti per giorni.
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Un costo sostenibile, che non ti prosciuga il budget marketing, non ti costringe a tagliare personale e ti lascia spazio per far crescere il business.
Quindi sì, Amazon è Amazon, Google è Google e Azure è Azure.
Ma non lasciarti ingannare: paghi il brand, non il valore effettivo.
Non è che i loro servizi non funzionino, anzi: funzionano benissimo… ma per il loro mercato.
Il punto è che in Italia, molto spesso, quella stessa infrastruttura è una Lamborghini per andare a fare la spesa.
Il risultato? Bollette da capogiro per fare quello che un server dedicato ben ottimizzato ti fa fare con un decimo del budget.
La verità è che il problema non è Amazon. Il problema è scegliere Amazon senza sapere perché.
Europa ≠ USA (e nemmeno Europa = Europa)
Uno degli errori più comuni, quando si parla di servizi digitali, cloud e infrastrutture IT, è pensare che l’Europa sia tutta uguale.
Siamo nell’Unione Europea, c’è la moneta unica, ci piace credere che le dinamiche economiche siano le stesse… ma non è così.
In realtà, tra un sistemista tedesco e uno italiano passa un abisso, e non solo a livello di stipendio, ma soprattutto di potere d’acquisto.
Paese | RAL Media Sistemista Senior | Potere d’acquisto |
---|---|---|
Germania 🇩🇪 | ~ €70.000 | Alto |
Francia 🇫🇷 | ~ €55.000 | Medio-Alto |
Italia 🇮🇹 | ~ €38.000 | Medio-Basso |
Grecia 🇬🇷 | ~ €25.000 | Basso |
Romania 🇷🇴 | ~ €20.000 | Molto Basso |
E qui sta il punto: se un servizio cloud costa 2.000 € al mese, per un’azienda tedesca potrebbe essere un costo del tutto sostenibile, quasi trascurabile rispetto al loro fatturato medio e ai margini di guadagno.
Per un’azienda francese, magari si ragiona un po’ di più, ma resta un’opzione percorribile.
Per un’azienda italiana, invece, 2.000 € al mese di infrastruttura sono spesso una zavorra, un costo che rischia di diventare insostenibile nel giro di pochi mesi.
Per non parlare di Grecia, Romania o altri Paesi dell’Europa dell’Est, dove gli stipendi medi sono ancora più bassi: lì 2.000 € al mese sono un lusso per pochi.
Questo significa che non possiamo semplicemente copiare quello che fanno gli altri.
Non possiamo guardare a un’azienda di Berlino, che paga i suoi sviluppatori 80.000 € l’anno, e pensare di replicare la stessa strategia IT con un team che guadagna la metà o un terzo.
Non possiamo confrontarci con i budget francesi o con il modello americano e illuderci che “se funziona per loro, funzionerà anche per noi”.
È un errore di prospettiva.
L’Italia ha un mercato diverso, margini diversi, clienti diversi e un tessuto imprenditoriale fatto in gran parte di PMI che non possono permettersi i costi eccessivi di soluzioni pensate per colossi multinazionali.
La soluzione?
Aprire gli occhi e smettere di copiare modelli che non funzionano nel nostro contesto economico.
Invece di rincorrere l’idea che “se spendiamo di più avremo il meglio”, dobbiamo imparare a fare scelte proporzionate alla nostra realtà: soluzioni europee, prezzi europei, supporto europeo.
Meglio ancora, quando possibile, servizi italiani: stessi risultati, costi ottimizzati e un rapporto diretto con chi gestisce la tua infrastruttura.
Il mito dell’esclusività
C’è un’idea che vediamo spesso tra imprenditori e manager:
“Se pago di più, vuol dire che ho qualcosa di meglio.”
Un ragionamento che può funzionare quando scegli una macchina di lusso o un orologio svizzero, ma che nel mondo dell’IT non ha quasi mai senso.
Anzi, spesso è proprio il contrario.
Nel settore tecnologico, soprattutto con i grandi hyperscaler americani, il prezzo non è una misura della qualità, ma piuttosto della complessità dell’infrastruttura che ti stanno vendendo.
E qui arriva il punto: quella complessità non ti serve.
Prendiamo AWS, Google Cloud o Azure.
Queste piattaforme sono progettate per scenari globali, per aziende che gestiscono milioni di utenti in tempo reale, che hanno team DevOps da decine di persone e budget a sei zeri solo per l’infrastruttura.
Il problema è che poi quelle stesse infrastrutture sovradimensionate vengono “impacchettate” e rivendute a chiunque, inclusa la piccola azienda italiana che fa 100 ordini al giorno sul suo e-commerce.
Risultato?
Paghi per funzionalità che non userai mai.
Ti trovi a gestire pannelli di controllo pieni di opzioni che non ti servono.
E, alla fine, spendi cinque o dieci volte di più di quanto sarebbe realmente necessario per il tuo progetto.
La verità è che non serve comprare un Boeing per fare il giro dell’isolato.
Esistono alternative europee, progettate per le esigenze di aziende come la tua, che offrono:
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Hosting gestito con prestazioni equivalenti o addirittura superiori.
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Piani di supporto tecnico inclusi, con persone che ti seguono davvero.
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Nessun lock-in: sei libero di spostare il tuo progetto quando e dove vuoi, senza vincoli nascosti.
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Costi fino a 10 volte inferiori rispetto alle piattaforme statunitensi.
E non parliamo di soluzioni “ridotte” o di servizi improvvisati.
Parliamo di infrastrutture ottimizzate, configurate su misura, con risorse realmente dedicate e tecnologie di ultima generazione.
Il problema è che molte aziende si fanno abbindolare dal marketing: loghi famosi, dashboard scintillanti, paroloni come “cloud-native”, “serverless” e “machine learning”. Tutto bellissimo sulla carta, ma poi scopri che stai pagando un premium enorme per funzionalità che il tuo business non userà mai.
Se il tuo sito fa 40 milioni di pageview al mese, non hai bisogno di un piano WordPress VIP da 24.000 dollari l’anno.
Con un server dedicato ottimizzato, che costa 300-400 € al mese, ottieni le stesse performance e, in moltissimi casi, risultati migliori.
Quindi no: pagare di più non significa ottenere di più.
Significa, molto spesso, pagare per complessità inutili e per il peso di un brand che vive di clienti che non hanno il tuo stesso mercato, le tue stesse necessità e, soprattutto, il tuo stesso budget.
La chiave non è spendere tanto, ma spendere bene.
“Repatriation”: riportiamo i dati a casa
Negli ultimi anni c’è una parola che sta diventando sempre più importante nel mondo dell’IT: repatriation.
Letteralmente significa “riportare a casa”.
In pratica, vuol dire spostare i propri dati, le applicazioni e le infrastrutture dagli hyperscaler americani a soluzioni europee più sostenibili.
Perché sempre più aziende stanno facendo questa scelta?
Perché dopo l’entusiasmo iniziale, dopo i crediti gratuiti, le demo accattivanti e le dashboard scintillanti, arriva il momento della verità: le fatture.
E quelle non mentono mai.
Scopri che stai pagando 7.000 dollari al mese solo per un database Aurora, 3.000 dollari per bilanciatori di carico e CDN, e 24.000 dollari all’anno per un piano WordPress VIP che non sfrutti neanche al 30% delle sue potenzialità.
A quel punto, cominci a chiederti: “Ma tutto questo è davvero necessario?”
La risposta, quasi sempre, è no.
E la repatriation è la via d’uscita.
Riportare i dati e le infrastrutture “a casa” significa riprendere il controllo.
Significa affidarsi a soluzioni europee, progettate per il nostro mercato, con prezzi proporzionati al potere d’acquisto delle nostre aziende e servizi realmente ottimizzati per le nostre esigenze.
I vantaggi sono concreti:
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Riduzione dei costi fino al 90%
In moltissimi casi, quello che oggi paghi 3.000 € al mese su AWS, su un’infrastruttura ottimizzata europea ti costa 300 €. Non perché la qualità sia inferiore, ma perché la soluzione è proporzionata alle tue necessità. -
Performance migliori
Un’infrastruttura configurata su misura, ottimizzata per il tuo stack (WordPress, WooCommerce, Magento, ecc.), con caching avanzato, storage NVMe e tuning mirato supera spesso le performance di un setup standard su un hyperscaler. -
Sicurezza giuridica e GDPR
Con la repatriation, i dati restano in Europa e vengono gestiti nel pieno rispetto del GDPR. Questo non solo riduce i rischi di compliance, ma ti mette anche al riparo da problematiche legali legate alle leggi americane sul trattamento dei dati (come il Cloud Act). -
Supporto in italiano, da persone reali
Niente più ticket anonimi che finiscono in un team dall’altra parte del mondo. Qui parli con chi conosce il tuo progetto, il tuo mercato e le tue esigenze. Ricevi risposte, non FAQ.
E c’è un punto fondamentale da capire: non è solo una questione di risparmio.
La repatriation non serve solo a tagliare i costi, serve a riprendere il controllo del tuo business.
Parliamo di sostenibilità economica e di indipendenza tecnologica.
Perché è inutile avere un’infrastruttura da 10.000 € al mese se, dopo un anno, ti ritrovi a doverla spegnere perché non riesci più a sostenerne i costi.
Al contrario, scegliere un’infrastruttura europea più bilanciata ti permette di investire nel marketing, nello sviluppo del prodotto e nella crescita reale della tua azienda, invece di bruciare budget in servizi che non ti servono.
In altre parole, la repatriation non è un passo indietro.
È un passo avanti.
Significa scegliere consapevolmente dove tenere i tuoi dati, quanto spendere e quali performance ottenere.
Perché, alla fine, avere un’infrastruttura efficiente non significa avere un’infrastruttura enorme.
Significa avere quella giusta per il tuo business.
Conclusione: Svegliamoci
Se, leggendo queste righe, ti sei ritrovato in almeno uno degli scenari descritti, allora forse è arrivato il momento di fermarsi un attimo a riflettere.
Chiediti onestamente:
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Stai pagando un piano WordPress VIP da 24.000 $ l’anno per fare esattamente le stesse cose che un buon hosting italiano potrebbe offrirti con 1.000 € al mese… se non meno?
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Stai spendendo 7.000 $ al mese solo di database Aurora su AWS per gestire un e-commerce che vende in Italia e che, in realtà, potrebbe girare alla perfezione su un server dedicato ottimizzato da 300 € al mese?
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Ti sei lasciato affascinare dal marchio, dal “se lo usano i big player allora devo farlo anch’io”, senza nemmeno valutare alternative europee e italiane più adatte al tuo business?
Se la risposta è “sì” anche solo a una di queste domande, allora il problema non è la tecnologia, ma la strategia.
La verità è che nella maggior parte dei casi non hai bisogno di un hyperscaler americano.
Quello che ti serve davvero è una strategia IT sostenibile, costruita sulle tue esigenze reali, scalabile quando serve, ma proporzionata ai tuoi numeri e al tuo mercato.
E sai qual è la buona notizia?
Tornare indietro è possibile.
La cosiddetta repatriation del cloud non è un’operazione estrema: la facciamo ogni giorno.
Spostiamo progetti da AWS, Google Cloud, Azure e WordPress VIP a infrastrutture ottimizzate in Europa e in Italia, senza downtime, senza impatti negativi e, soprattutto, con benefici immediati:
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Risparmi importanti — a volte fino al 90% dei costi.
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Performance superiori, grazie a infrastrutture progettate su misura.
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Gestione più trasparente, con accesso diretto a chi si occupa davvero del tuo progetto.
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Supporto reale, in italiano, con persone che parlano la tua lingua e capiscono il tuo business.
In altre parole: non si tratta di tornare indietro.
Si tratta di fare un passo avanti, verso un modello più intelligente, più sostenibile e più vicino alle esigenze delle aziende italiane ed europee.
Quindi, prima di lasciarti sedurre dal marketing luccicante, dalle demo scintillanti e dai crediti iniziali che sembrano regalarti la Luna, fermati un attimo e pensa:
“Ho davvero bisogno di tutto questo? O sto solo pagando un marchio?”
Perché la verità è semplice:
non serve spendere 10 volte di più per avere le stesse performance.
Serve scegliere con consapevolezza.
E ricordati sempre una cosa, che vale oggi più che mai:
“Tu vuoi fa l’americano… ma si nato in Italy.”
E non c’è nulla di sbagliato nel comportarsi di conseguenza.
Anzi, è probabilmente la scelta migliore che puoi fare per il futuro della tua azienda.