Perché il nostro hosting non è un semplice hosting, ma è molto di più ? - Managed Server
7 Settembre 2025

Perché il nostro hosting non è un semplice hosting, ma è molto di più ?

… e perché costa di più, ma ti salva la vita ? Quando il tuo business dipende dal tuo sito, la differenza tra un hosting economico e un servizio gestito di qualità può salvarti tempo, indicizzazione, clienti e fatturato.

Dal 2005, quando ho fondato Dreamsnet.it come piccola unipersonale, fino alla trasformazione nel 2018 in Managed Server S.r.l., il mio obiettivo professionale è sempre stato uno: offrire un servizio di hosting migliore. Non “migliore di” qualcuno, ma IL MIGLIORE in senso assoluto.

Come un preparatore di Formula 1 che smonta la macchina pezzo per pezzo per eliminare peso inutile e fronzoli superflui, ho progettato l’intero stack software seguendo un principio chiaro: massimizzare le performance e le prestazioni, anche a costo di sacrificare ogni comodità derivante da pannelli obsoleti, lenti e pieni di compromessi come Plesk, cPanel o DirectAdmin. La verità è semplice: se vuoi un’auto da corsa, non puoi permetterti accessori che ti rallentano.

Da questa filosofia nasce un servizio di hosting professionale Managed — cioè gestito, seguito e curato — con costi più alti delle offerte standard di mercato, ma con un supporto tecnico e una competenza che nulla hanno a che vedere con le soluzioni fotocopia proposte dai soliti rivenditori di pannelli che si spacciano per sistemisti. Qui non vendiamo “hosting” nel senso tradizionale: costruiamo piattaforme performanti, robuste e scalabili per chi pretende il massimo.

Ogni tanto qualcuno mi chiede:

Marco, ma perché dovrei pagare 137 euro al mese più IVA per il tuo hosting su server dedicato gestito, quando là fuori trovo offerte a 50, 60, 70 euro all’anno?

E sai cosa rispondo sempre?

Non te lo spiego a parole. Ti racconto una storia vera. Poi trai tu le conclusioni.

Questa che segue è un’altra di quelle storie che si va ad aggiungere alla lunga lista di salvataggi in extremis. Questa non è una brochure patinata. È il resoconto di quello che succede quando hai a che fare con siti complessi, applicazioni delicate, clienti che devono fatturare ogni singolo minuto… e di come, in certi casi, la differenza tra un hosting “classico” e il nostro sia letteralmente tra il vivere e il morire online.

La chiamata che non vorresti ricevere

Era agosto.
Io ero in ferie, a Santorini, sia per vacanza che per affari, finalmente un po’ di relax dopo mesi di lavoro intensissimo. Sole, piscina, panorama pazzesco, e finalmente quella sensazione di “stacco” che cerchi per tutto l’anno. Ma, anche se ero in vacanza, non ero mai davvero fuori portata: lo smartwatch al polso era lì apposta, pronto a segnalarmi eventuali problemi critici che i colleghi, per qualunque ragione, non fossero in grado di affrontare o che richiedessero la mia competenza diretta.

Antoperla-Santorini-Grecia

Ecco perché, quando vedo arrivare una chiamata diretta — non sul numero aziendale, ma sul mio personale — capisco subito che la situazione potrebbe essere seria.

Dall’altra parte c’era il webmaster di un cliente importante, uno di quelli che fatturano cifre importanti online e che non possono permettersi downtime. La sua voce era tesa ed estremamente preoccupata:

Marco, il sito non funziona.

Mi blocco.


Come non funziona?
Si gira, gira, gira… ma non succede niente.

Il sito in questione era un PrestaShop 1.6. Vecchio? Sì.
Ma per motivi storici di compatibilità con un sistema custom ultra-complesso — un configuratore di insegne, biglietti da visita, composizioni grafiche in tempo reale — era rimasto vincolato sia a PrestaShop 1.6 che a PHP 5.6.
Una di quelle installazioni che definire delicate è riduttivo: ogni modifica, ogni anomalia, ogni rallentamento… può significare un blocco totale del flusso di vendita.

Tuttavia un leader del suo settore, diciamo pure il leader, in termini di velocità, performance e soprattutto posizionamento. Un Google Pagespeed degno di nota come da immagine seguente.

Google-PageSpeed-Insight-Prestashop

Un’infrastruttura di livello, ma il problema non era quello

Ora, sia chiaro: questo non era un hosting qualunque.
Quel PrestaShop seppur datato girava su una macchina di tutto rispetto, un server dedicato basato su AMD Ryzen 5 3600X, 6 core / 12 thread, 64 GB di RAM DDR4 e due dischi in mirror con OpenZFS per garantire ridondanza, integrità dei dati e snapshot rapidi. Il tutto collegato a una connettività reale a 1 Gigabit, stabile e costante, senza strozzature né limiti nascosti.

E sopra quell’hardware, un’infrastruttura software pensata solo per le performance:

  • Zend Opcache configurata a mano, ottimizzata per spremere fino all’ultimo ciclo di CPU.

  • Tuning MySQL avanzato, frutto di anni di esperimenti, per gestire al meglio query complesse e volumi di traffico importanti.

  • Compressione Zstandard (zstd) nativa — e no, nessun altro in Italia la supporta senza passare da Cloudflare: lo facciamo direttamente a livello di server web, massimizzando la velocità.

  • Supporto a HTTP/3 QUIC con fallback automatico su HTTP/2, per dare sempre la risposta più rapida possibile, indipendentemente dal browser o dalla rete del client.

  • Compressione multipla Brotli, Zstandard, Gzip, , per garantire compatibilità e prestazioni su ogni scenario.

  • File system OpenZFS con snapshot automatici ogni 30 minuti, così da poter tornare indietro in caso di problemi in pochi secondi.

  • Monitoraggio costante delle performance e alert in tempo reale per prevenire qualsiasi degrado.

Insomma, la macchina era un gioiellino ingegneristico. Non c’erano colli di bottiglia hardware, non c’erano limiti di configurazione, non c’era nulla lasciato al caso.

Eppure… il sito non si apriva.

A quel punto esco dalla piscina, mi metto l’asciugamano sulle spalle, entro in camera di fronte alla piscina stessa, mi siedo di fronte al Notebook già acceso e mi collego in SSH al server tramite l’ottimo Termius.

Controllo subito i parametri fondamentali:

  • CPU quasi a zero, nessun picco anomalo.

  • RAM libera, nessun memory leak.

  • Database MariaDB perfettamente integro, online e reattivo.

  • Zpool ZFS sano, nessun errore sui dischi.

  • Spazio disco più che sufficiente, nessun rischio di saturazione.

Insomma: lato sistemistico era tutto perfetto.
Il problema era altrove. Ma dove ?

Analisi profonda: dove un hosting standard si ferma

Qui arriva la prima differenza sostanziale: su un hosting classico, a questo punto si sarebbero già arresi.
Avrebbero aperto un ticket, fatto un riavvio veloce di Apache o Nginx, controllato due log di superficie e, dopo un giorno intero, ti avrebbero risposto:

Abbiamo controllato, lato server è tutto ok. Il problema è del tuo sito.

Fine della storia.
Sito offline, clienti persi, fatturato bloccato.

Noi no. Io non mi fermo. Continuo a scavare.

Per prima cosa, riavvio Nginx. Niente.
Poi PHP-FPM. Niente.
Riavvio tutti i servizi critici del server, uno per uno, e… ancora niente.

A questo punto, inizio a pensare seriamente:
“Ok, se non è il server, dev’essere qualcosa a livello applicativo.”

Resto al telefono col webmaster del cliente e insieme proviamo a ragionare. L’idea successiva è sfruttare una delle funzionalità più potenti che avevamo a disposizione: OpenZFS.

Grazie al fatto che sul server utilizziamo ZFS con snapshot automatici ogni 30 minuti, abbiamo la possibilità di tornare indietro nel tempo praticamente all’istante. Non parliamo di backup classici da centinaia di gigabyte che ti costringono a fermarti per ore solo per fare un restore. No. Qui parliamo di rollback istantanei, letteralmente in pochi secondi:

zfs rollback poolname/dataset@snapshot

Questa è la differenza tra una piattaforma moderna e le soluzioni “classiche” con backup giornalieri. Con ZFS possiamo testare snapshot dopo snapshot, selezionando con precisione quelli scattati in prossimità del momento in cui sappiamo che il sito funzionava — incrociando i dati con l’orario degli ultimi ordini entrati.

Lista-Snapshot-OpenZFS

Proviamo quindi un primo rollback alle 12:00, l’orario in cui sicuramente tutto era operativo.
Il ripristino dura pochi secondi. Testiamo il sito… non funziona.

Ok, proviamo mezz’ora prima.
Stesso risultato: nulla da fare.

Proseguiamo con diversi tentativi, tornando indietro di uno snapshot alla volta, ma il sito continua a non rispondere.

Questo è un passaggio cruciale, perché a questo punto abbiamo due certezze:

  1. Non è un problema di server — lo stack software e l’hardware sono perfetti.

  2. È improbabile che sia un problema applicativo, perché persino tornando indietro di più snapshot a momenti in cui il sito sicuramente funzionava, l’errore persiste.

Siamo quindi davanti a qualcosa di molto più insidioso.
Non è né colpa del server, né colpa dell’applicazione.
Il problema deve essere altrove.

La svolta: query MySQL in attesa fantasma

Dopo tutti i tentativi andati a vuoto, decido di entrare direttamente su MySQL per capire cosa stia realmente succedendo sotto il cofano.
Apro la sessione e lancio il comando:

SHOW FULL PROCESSLIST;

Quello che vedo mi lascia perplesso.
Mi aspetto di trovare query pesanti, magari qualche SELECT complessa su tabelle enormi, oppure un JOIN infinito che sta monopolizzando le risorse… e invece no.

Ecco cosa mi ritrovo davanti:

  • Tante query in “Sleep”

  • Nessuna tabella specificata

  • Nessuna colonna in elaborazione

  • Nessuna riga processata

Silenzio assoluto.


Il database non sta facendo nulla. Non sta “macinando” query, non è sotto stress, non c’è alcuna competizione tra processi.

Eppure quelle connessioni restano lì, sospese in uno stato di “semi-vita”, in attesa che qualcosa succeda.

Cosa significa tecnicamente ?

Quando MySQL ti mostra tante connessioni “in Sleep”, senza query attive e senza tabelle coinvolte, significa una cosa sola:

  1. Il PHP apre la connessione al database.

  2. Invia una query… ma non la esegue davvero.

  3. Resta in attesa di una risposta esterna.

  4. Fino a quando non arriva quella risposta, la connessione rimane “aperta” e MySQL la considera “in Sleep”.

In parole semplici: il problema non è MySQL.
Non è lui a rallentare. È PHP che rimane bloccato su qualcosa che non c’entra nulla con le tabelle, gli indici o la struttura del database.

Questa è una casistica che può far perdere ore a chi non ha l’occhio allenato, perché istintivamente molti, vedendo “tante connessioni aperte”, pensano subito:

È il database che è saturo.

E invece no.
Qui non c’è nessun collo di bottiglia interno al server. Non è il carico. Non è la memoria. Non è la CPU. Non è I/O. E non è neanche il motore di storage.

L’ipotesi che cambia tutto

A questo punto mi si accende la lampadina.
Se il PHP apre la query ma non riceve mai risposta, vuol dire che sta aspettando qualcosa che non arriva.
E se non arriva, quella “cosa” è esterna al nostro stack.

Un’ipotesi inizia a prendere forma:

E se questi script PHP stessero aspettando una risposta da un servizio esterno che non risponde più?

Per verificarla, devo seguire la strada dei socket.
Lancio un netstat dettagliato e analizzo le connessioni aperte dal processo PHP-FPM.
Scopro che ci sono diverse chiamate verso un IP ricorrente, in stato di SYN_SENT: la connessione parte, ma non riceve mai ACK.

Faccio un reverse DNS su quell’IP.
Ed eccolo lì, il nome che mi accende il campanello d’allarme:

dev.mypresta.eu.

Quando il tuo sito si appoggia a qualcun altro (e non lo sai)

Capisco subito che qui si trova il punto critico.
Quel dominio, dev.mypresta.eu, non è un server qualunque: appartiene a un noto sviluppatore di moduli per PrestaShop, abbastanza diffuso nel settore e utilizzato da migliaia di e-commerce.

Verificando il codice sorgente facendo un grep, troviamo funzioni che fanno chiamate HTTP (e non HTTPS) al server con hostname dev.mypresta.eu sulla porta 80, e provando a simulare un client Web, decido di fare una richiesta GET all’hostname, che rimana appeso per svariati secondi per poi chiudere brutalmente la connessione senza restituire nulla.

A ragion di ciò, l’ipotesi più plausibile, ormai quasi una certezza, è che alcuni moduli installati sul sito stiano tentando di effettuare una chiamata HTTP verso quel server per:

  • Verificare la validità della licenza

  • Controllare eventuali aggiornamenti disponibili

  • Oppure scaricare informazioni di configurazione dinamica legate al modulo stesso

E qui arriva una considerazione tecnica cruciale che molti sottovalutano.

Il problema delle chiamate “bloccanti”

Quando un modulo o un plugin utilizza una chiamata HTTP “bloccante” in PHP — ad esempio tramite:

file_get_contents("http://dev.mypresta.eu/...");

oppure

curl_exec($ch);

… e non gestisce correttamente il timeout, accade questo:

  1. PHP invia la richiesta al server esterno.

  2. Si ferma e aspetta la risposta.

  3. Finché la risposta non arriva, l’esecuzione non prosegue.

Questa attesa può sembrare banale, ma è un problema enorme.
Se il server remoto non risponde — come in questo caso, dove dev.mypresta.eu era down — la chiamata non va mai in errore in modo immediato.

In assenza di un timeout esplicito, PHP mantiene la connessione aperta fino al timeout massimo globale definito nel file php.ini o nel gestore php-fpm.
Tipicamente parliamo di 30, 60, a volte persino 120 secondi di blocco.

Ora immagina un e-commerce che riceve centinaia di richieste simultanee.
Ogni singolo utente che atterra sul sito passa dal modulo incriminato → PHP si blocca → MySQL resta in attesa → tutti i worker PHP-FPM si saturano uno dopo l’altro.

Risultato?

  • Le richieste iniziano a rimanere in coda.

  • L’occupazione dei processi PHP schizza al 100%.

  • Anche chi carica la home page o il carrello subisce lo stesso ritardo, perché i processi vengono monopolizzati da queste chiamate.

  • In pochi minuti, l’intero sito diventa inaccessibile.

Il punto critico: dipendere da ciò che non controlli

Questa situazione mette in luce un problema strutturale che vedo spesso: molti siti web dipendono da endpoint esterni senza saperlo.

Se un servizio di terze parti diventa lento, instabile o irraggiungibile, il tuo sito — che non ha alcun problema tecnico interno — collassa ugualmente.
Ed è qui che le cose si complicano, perché il cliente finale, giustamente, non distingue tra un problema interno o esterno: per lui, se il sito non funziona, il problema è dell’hosting.

In realtà, il sito era diventato ostaggio di un singolo endpoint esterno che non controllavamo e che, ironia della sorte, nemmeno il cliente sapeva di utilizzare.

Il fix in emergenza: dove facciamo la differenza

Qui entra in gioco la competenza.
Non c’è stato bisogno di migrare, reinstallare tutto o fare test infiniti alla cieca come farebbe un hosting classico, ne di aspettare che tornasse su l’endpoint (che è stato offline per più di 24 ore),
Una volta individuata la causa, sono andato direttamente nei moduli incriminati e ho commentato la funzione file_get_contents() che contattava dev.mypresta.eu.
In questo modo ho bypassato completamente la verifica della licenza, evitando che il PHP restasse bloccato in attesa di un server esterno che non avrebbe mai risposto.

Modifica-codice-licenza-mypresta

Risultato?
Sito immediatamente online.

E non solo: rimuovendo quelle chiamate HTTP bloccanti che faceva ricorrentemente ben 2 moduli dello stesso sviluppatore, il Time To First Byte del sito è migliorato di circa 25-30%, andando a risparmiare ben 3 chiamate remote di tipo GET HTTP. Un guadagno notevole, soprattutto su un e-commerce che lavora in tempo reale e dove ogni millisecondo conta.

TTFB-PrestaShop

Tempo totale dalla segnalazione alla risoluzione: circa 2 ore.
La chiamata è arrivata verso le 14:00, e intorno alle 16:00 il sito era di nuovo operativo, fatturante e più veloce di prima.

Ora immagina lo stesso scenario… su un hosting da 50 o 100 euro all’anno

Facciamo un esercizio.
Immagina che questo cliente non fosse con noi, ma su un hosting classico con cPanel o Plesk standard, uno di quelli “tutto compreso” che trovi a 50 o 100 euro all’anno.

Sai cosa sarebbe successo?

  • Avresti aperto un ticket di assistenza.

  • Ti avrebbero risposto dopo qualche ora.

  • Avrebbero fatto un riavvio veloce dei servizi per “vedere se così riparte”.

  • Avrebbero dato un’occhiata superficiale ai log.

  • E, dopo un giorno intero, avresti ricevuto la classica risposta:

Lato nostro è tutto ok, il problema è del sito.

Fine. Nessun approfondimento. Nessuna soluzione. Nessuna competenza applicata.

A quel punto, tu — cliente — ti saresti trovato con un e-commerce completamente bloccato e avresti dovuto cercare da solo uno sviluppatore che capisse la dinamica, che scoprisse la chiamata bloccante verso dev.mypresta.eu, che intervenisse sul codice e che facesse ripartire il sito.
Parliamo di molte ore, se non addirittura giorni.
Nel frattempo, sito offline, ordini persi, clienti che abbandonano, fatturato bruciato, Google che scansiona il sito e non lo trova online e ti penalizza nella SERP o addirittura ti fa scomparire.

Questa cosa non è un’ipotesi: è esattamente quello che molti pensano, e ne ho avuto la conferma qualche giorno dopo.
Ho raccontato questa stessa vicenda, in modo riservato, su TikTok, senza fare nomi né dettagli sensibili.
Risultato? Una valanga di commenti da parte di altri professionisti — o presunti tali — che sostenevano tutti la stessa cosa:

“Questi problemi non riguardano l’hosting.”
“Noi qui non mettiamo le mani: è roba da sviluppatori.”
“Apri un ticket, ma non possiamo aiutarti.”

Alcuni commenti li potete vedere di seguito, ovviamente anonimizzati per motivi di riservatezza, ma il concetto è sempre lo stesso:
per molti hosting provider, quando il problema non è sistemistico puro, si alza un muro.

Responsabilita-Hosting-Provider-Assistenza-Applicativa
La filosofia insomma che si può percepire è:

“Non è di nostra competenza, arrangiati.”

Ed è esattamente qui che si vede la differenza tra un hosting da 50 euro all’anno e un servizio Managed come il nostro, noi non ci fermiamo al confine dell’infrastruttura.
Quando c’è un problema che impatta il tuo business se fattibile, lo risolviamo, anche se la radice non è “nostra”, in altri casi lo individuiamo comunque e lo segnaliamo al cliente.

Il valore vero: non vendiamo solo hosting

Ed eccoci al punto cruciale, quello che fa davvero la differenza:
noi non vendiamo spazio disco, banda e pannellini.
Noi vendiamo competenza.

E attenzione, non sto parlando di “competenze generiche”, quelle che trovi ovunque a basso costo. Parlo di competenze vere, di quelle che si costruiscono in decenni di esperienza sul campo, non seguendo corsi lampo su YouTube o improvvisandosi sistemisti dopo aver installato due WordPress.

Quando c’è un problema serio, noi non ci limitiamo a guardare i log di sistema, dire “il server risponde, quindi è tutto ok” e passare la palla.
Noi scaviamo. Analizziamo.
Seguiamo ogni indizio, facciamo correlazioni, testiamo ipotesi, capiamo dove si rompe la catena.
E, soprattutto, risolviamo.
Anche quando non è “colpa nostra”.

La falsa illusione del low cost ed un hosting è pur sempre un hosting.

Qui molti non hanno il coraggio di essere sinceri con i clienti: se paghi 50 o 100 euro all’anno per un hosting “general purpose”, non puoi avere competenze d’eccellenza. È matematico.

Perché?
Perché la competenza vera costa.
Costa in termini di anni di formazione, esperienza reale e, soprattutto, persone di livello assoluto.

Non puoi pretendere che un servizio da 4 euro al mese ti metta a disposizione, nel momento di crisi, un fuoriclasse che sa fare debug avanzato di MySQL, analisi di chiamate bloccanti, tuning kernel e patching a caldo di configurazioni complesse.
Semplicemente non esiste il margine economico per permetterselo.

E invece cosa fanno molti hosting economici?
Ti mettono davanti uno junior appena uscito dall’università, o — e ne ho incontrati diversi — un laureato in filosofia riciclatosi informatico dopo un corso di 200 ore, pagato con i salari previsti dal CCNL.
Sono ragazzi che magari hanno entusiasmo, ma non hanno esperienza né metodo per affrontare emergenze complesse.

Ora, la realtà è dura ma semplice: un fuoriclasse vero — quello che risolve problemi come quello di dev.mypresta.eu in due orenon costa 1.200 euro al mese.
Le competenze top hanno costi paragonabili a quelli di un’assunzione in Google, Meta o Amazon.
E se pensi di averle “incluse” pagando 50 euro all’anno… stai vivendo un’illusione.

Il nostro modello: eccellenza, non compromessi

Il nostro servizio è diverso per scelta.
Quando un cliente ci affida il suo e-commerce, il suo gestionale, la sua piattaforma SaaS, noi non lo trattiamo come uno dei 500 siti impilati su un server da discount.

  • Non mettiamo 500 siti su una singola macchina.

  • Non deleghiamo il debug a un livello 1 inesperto che copia e incolla risposte preconfezionate.

  • Non ci nascondiamo dietro la frase “non è di nostra competenza”.

Noi investiamo in persone.
Sistemisti veri. Ingegneri software. Esperti di database.
Gente che ha lavorato su architetture complesse e che sa risolvere problemi che altri nemmeno riescono a diagnosticare.

Questo, inevitabilmente, ha un costo.
Un servizio gestito e curato come il nostro non può e non potrà mai costare come un hosting general purpose da 50 euro l’anno.
Non perché “ci piace farlo pagare di più”, ma perché l’eccellenza non si regala, ma soprattutto l’eccellenza ha un valore.

Questione di priorità, non di prezzo

Questa è la differenza tra:

  • Un hosting economico, che costa 50 o 100 euro all’anno e ti mette davanti un operatore che segue uno script.

  • Un servizio Managed come il nostro, che costa 137 euro al mese ma ti dà accesso diretto a chi sa davvero risolvere i problemi.

Non è una questione di “spendere di più”.
È una questione di priorità: vuoi un hosting che tiene online il tuo business anche nelle situazioni più complesse, oppure vuoi solo un po’ di spazio web e un pannello con due pulsanti?

Perché la verità è questa: se il tuo sito è importante, se il tuo fatturato dipende dalla continuità del servizio, non puoi delegare la tua sopravvivenza online a chi vende hosting a prezzi stracciati senza competenze.

Conclusione: quando il tuo business vale più di un caffè al giorno

C’è un aspetto che spesso viene sottovalutato quando si parla di hosting economico:
all’apparenza, funziona.
Il sito si apre, i contenuti sono online, le mail partono.
Quindi il cliente pensa: “Va bene così”.

Ma la realtà è un po’ diversa.
Funziona, , ma peggio di come potrebbe funzionare.
E la maggior parte delle persone non ha né la competenza, né gli strumenti per accorgersene.

Quello che non vedi… ti costa caro

Facciamo qualche esempio concreto:

  • Database MySQL o MariaDB senza tuning → query che potrebbero rispondere in 30 ms ci mettono 300 ms.

  • PHP non ottimizzato → la tua applicazione fa 5 volte più chiamate di quelle necessarie, rallentando tutto.

  • Assenza di cache opportune → ogni volta che un utente apre una pagina, il server rifà calcoli che potrebbero essere serviti istantaneamente.

  • Compressione assente o obsoleta → molti hosting economici non abilitano nemmeno Gzip; figurati Brotli. E noi, ad oggi 7 settembre 2025, siamo gli unici in Italia a offrire ZSTD nativamente lato server, senza bisogno di proxy esterni come Cloudflare.

  • Configurazioni predefinite → valori generici pensati per “fare funzionare tutto”, ma non per performare al massimo.

Ora chiediamoci: il cliente medio ha la capacità tecnica per capire che il suo sito potrebbe andare molto più veloce?
Ha gli strumenti per analizzare query lente, verificare tempi di esecuzione PHP, controllare l’efficienza delle cache, scegliere l’algoritmo di compressione migliore?
La risposta, nella maggior parte dei casi, è no.

Il problema è che tutti si accorgono della qualità solo quando manca in modo evidente o il sito è fermo.

Tutti marinai in mare calmo

Come si suol dire:

“Tutti bravi marinai in mare calmo.”

Quando tutto sembra funzionare, l’hosting economico va bene.
Ma cosa succede quando arriva la tempesta?
Quando improvvisamente il tuo e-commerce inizia a bloccare ordini, le query al database esplodono, le connessioni restano appese per minuti, i clienti iniziano a chiamare e il fatturato si ferma?

Lì non serve un pannello figo, né un pulsante “riavvia server” su cPanel.
Lì serve qualcuno che sa cosa fare, che analizza i log, incrocia dati, individua il problema e lo risolve.
Lì serve un sistemista vero, non uno script automatizzato o un junior pagato secondo CCNL che copia e incolla risposte da un knowledge base interna.

Il caso che ti ho raccontato sopra è l’esempio perfetto:
un problema che non aveva nulla a che fare con il server, MySQL o PHP.
Un problema che avrebbe mandato in crisi totale qualsiasi hosting economico, perché lì la risposta sarebbe stata:

“Lato nostro è tutto ok, senta il suo sviluppatore.”

Ma quando sei con noi, il problema si risolve.
Che sia un modulo difettoso, un endpoint esterno che blocca tutto, un bug nell’applicazione: non ci fermiamo davanti al muro del “non è di nostra competenza”.

A costo di essere ripetitivi : non è questione di prezzo, è questione di priorità

Se hai un blog personale, forse ti basta un hosting economico.
Ma se hai un e-commerce, un CRM, un gestionale online o qualsiasi piattaforma da cui dipende il tuo fatturato, la domanda non è:

“Quanto costa il tuo hosting?”

La domanda giusta è:

“Quanto mi costa ogni minuto di downtime? Quanto mi costa se perdessi tutto ?”

Perché è lì che sta la differenza tra un servizio da 50 o 100 euro all’anno e un servizio Managed vero, con persone che sanno risolvere i problemi prima che ti travolgano.

Ed è per questo che facciamo le cose diversamente.
È per questo che, quando gli altri ti dicono “non è un nostro problema”, noi invece ti diciamo:

“Ok, lo risolviamo.”

Questa è la differenza tra un semplice fornitore di hosting e un partner tecnico che ti aiuta a far crescere il tuo business.

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