26 Marzo 2025

Mailserver, Blacklist, DNSBL e Spam: Come Uscirne e Prevenire il Problema

Indirizzo IP e mail in Blacklist ? Le blacklist DNSBL bloccano milioni di email ogni giorno. Scopri come funzionano, perché ci si finisce e come evitarle in modo efficace.

DNSBL

Nel mondo della comunicazione digitale, la posta elettronica continua a rappresentare un pilastro fondamentale, sia per l’utenza privata sia per le aziende. Tuttavia, proprio per la sua capillarità e semplicità d’uso, l’email è diventata uno strumento privilegiato per la diffusione di messaggi indesiderati: lo spam. Con il crescere del fenomeno, sono nati strumenti di difesa come le DNS-based Blackhole Lists (DNSBL), che, sebbene utili, possono trasformarsi in un incubo per chi gestisce un mailserver e si ritrova, spesso inconsapevolmente, inserito in una o più blacklist.

Questo articolo si propone di approfondire tecnicamente il funzionamento delle DNSBL, le cause più comuni che portano all’inserimento di un IP in blacklist, i metodi per uscirne, le soluzioni alternative per mitigare l’impatto e, soprattutto, le best practice per evitare che accada di nuovo.

Cos’è una DNSBL e come funziona

Una DNSBL (DNS-based Blackhole List), nota anche come RBL (Real-time Blackhole List), è un sistema progettato per identificare e bloccare in tempo reale l’invio di email provenienti da indirizzi IP considerati sospetti o apertamente coinvolti in attività di spam, phishing o distribuzione di malware.

Si tratta di uno strumento fondamentale nell’ambito della sicurezza email, che sfrutta il protocollo DNS (Domain Name System) non solo per risolvere nomi di dominio, ma anche per interrogare liste di blocco in tempo reale. L’idea alla base è quella di pubblicare liste di IP “malevoli” in un formato interrogabile via DNS, in modo che i mailserver possano consultarle rapidamente durante la fase di ricezione dei messaggi.

Come funziona tecnicamente

Il meccanismo operativo è tanto semplice quanto efficace:

Funzionamento-DNSBL

  1. Ricezione connessione SMTP: Quando un mailserver riceve una connessione da un IP remoto (ad esempio 1.2.3.4), può decidere di interrogarne la reputazione.

  2. Reverse IP lookup: L’IP viene invertito e appeso al dominio della blacklist, generando una query DNS del tipo 4.3.2.1.dnsbl.example.com.

  3. Risposta DNS: Se l’IP è presente nella blacklist, il sistema DNS risponde con un indirizzo IP speciale, solitamente nel range 127.0.0.x, dove il valore finale può indicare anche la categoria del blocco (spam, malware, open relay, ecc.).

  4. Azione del mailserver: A seconda della configurazione locale del server di posta, il messaggio può essere:

    • Rifiutato immediatamente (SMTP 550)

    • Accettato ma contrassegnato come sospetto/spam

    • Accettato normalmente, ma registrato per analisi statistiche

Il tutto avviene in pochi millisecondi, senza impatto percettibile sulla latenza SMTP, rendendo le DNSBL uno degli strumenti di difesa più scalabili ed efficienti contro lo spam.

Evoluzione del modello DNSBL

Sebbene molte DNSBL siano nate come iniziative comunitarie open, con l’obiettivo di migliorare la qualità della posta elettronica globale, nel tempo alcune di esse si sono evolute in servizi commerciali. Oggi esistono blacklist che offrono delisting prioritario a pagamento, reportistica avanzata, integrazioni API e soluzioni di filtering su misura per provider e aziende.

Questo ha creato una dicotomia tra liste puramente tecniche, che rimuovono un IP in automatico dopo un certo periodo, e liste semi-commerciali, che monetizzano la gestione dell’abuso richiedendo pagamenti per velocizzare la rimozione.

Comprendere come funziona una DNSBL, e come viene utilizzata dai mailserver, è il primo passo per evitare problemi di deliverability e per costruire una strategia efficace di gestione della reputazione IP.

Tipologie di Blacklist: quali esistono e come si differenziano

Nel panorama della sicurezza email, non tutte le blacklist funzionano allo stesso modo, né hanno lo stesso impatto. Comprendere le differenze tra le varie tipologie è essenziale per sapere come affrontare eventuali inserimenti e come gestire correttamente la reputazione IP.

1. DNSBL pubbliche e gratuite
Sono le più conosciute e diffuse. Tra le principali si annoverano Spamhaus, Spamcop, Barracuda, SORBS, UCEPROTECT Level 1 e molte altre. Queste liste sono interrogabili gratuitamente da parte di mailserver e operatori, ma in genere impongono limiti sul numero di query giornaliere (rate limit), specialmente in ambienti ad alto traffico. Alcune richiedono la registrazione o il rispetto di termini d’uso specifici per evitare abusi.

Le DNSBL pubbliche si basano su fonti come spamtrap, segnalazioni automatizzate, attività sospette osservate in tempo reale e analisi comportamentali. La loro efficacia è alta, ma a volte possono generare falsi positivi, specialmente in presenza di IP dinamici o condivisi.

2. Blacklist commerciali
Questo tipo di liste è gestito da aziende private o gruppi con interessi commerciali legati alla protezione antispam. Oltre alla semplice presenza dell’IP, offrono API, portali di monitoraggio, report dettagliati, e in certi casi anche opzioni di whitelist temporanee. Alcuni servizi consentono agli operatori di integrare i dati nelle proprie infrastrutture di filtro tramite API avanzate.

Liste come UCEPROTECT Level 2 e 3, Invaluement, SpamRats Pro, o Lashback rientrano in questa categoria. La rimozione immediata da queste blacklist può richiedere il pagamento di una somma che varia, generalmente, tra i 50 e i 150 dollari per singolo IP. Le blacklist commerciali spesso hanno un impatto variabile sulla deliverability, ma sono utilizzate da diversi provider e appliance antispam aziendali.

3. Blacklist interne (private)
Molti provider di servizi email — come Microsoft, Google, Yahoo, e diversi operatori ISP — mantengono liste interne e non pubblicamente consultabili, basate sull’attività osservata direttamente nei loro sistemi. Queste blacklist non possono essere verificate tramite strumenti come MxToolbox, e spesso la loro esistenza si intuisce solo dai messaggi di rifiuto SMTP generici (es. “Our system has detected an unusual rate of spam from your IP”).

In questi casi, l’unico modo per richiedere la rimozione è contattare direttamente il supporto tecnico del provider interessato, fornendo evidenze concrete delle azioni correttive adottate (log di invio, analisi forense, audit interni, aggiornamento dei record DNS, ecc.). Il processo può essere lungo e non sempre garantisce esito positivo, soprattutto se il provider ha rilevato comportamenti ripetuti nel tempo.

La natura della blacklist determina non solo l’impatto sulle email in uscita, ma anche il tipo di azione necessaria per risolvere il problema. Conoscere la categoria a cui appartiene la lista in cui si è finiti è il primo passo per gestire efficacemente la situazione.

Perché un mailserver finisce in blacklist?

I motivi principali che possono portare un mailserver a essere inserito in una blacklist sono molteplici e spesso interconnessi. Una volta che un IP finisce in blacklist, la sua reputazione è gravemente compromessa e la capacità di consegna delle email (deliverability) può ridursi drasticamente, con conseguenze gravi per la comunicazione aziendale.

1. Invio di spam effettivo:
Questo è il caso più evidente e comune. Può avvenire quando un account di posta viene compromesso da credenziali deboli o rubate, consentendo a malintenzionati di inviare grandi volumi di spam. Allo stesso modo, un CMS (come WordPress, Joomla, ecc.) con plugin obsoleti o vulnerabilità note può essere sfruttato per generare ed inviare email malevole. Anche la presenza di script PHP non autenticati o mal configurati sul server web può diventare una fonte di spam non rilevata fino a quando il danno non è ormai fatto.

2. Configurazioni DNS errate o assenti:
La mancanza di record DNS correttamente configurati come SPF (Sender Policy Framework), DKIM (DomainKeys Identified Mail) e DMARC (Domain-based Message Authentication, Reporting and Conformance) è spesso interpretata come segnale di negligenza o attività sospetta. L’assenza o l’errata configurazione di questi record impedisce ai destinatari di verificare l’autenticità del mittente, portando più facilmente alla segnalazione dell’IP come fonte di spam.

3. IP dinamici o condivisi:
L’utilizzo di IP forniti da ISP consumer o di tipo dinamico, spesso presenti in blocchi IP considerati “residenziali”, è altamente sconsigliato per l’invio di posta. Molte blacklist considerano queste reti potenzialmente insicure per uso MTA (Mail Transfer Agent). Inoltre, l’utilizzo di IP condivisi (ad esempio in ambienti di hosting condiviso) può esporre il mailserver alle cattive pratiche di altri utenti: se uno solo tra i clienti dell’infrastruttura invia spam, tutto il blocco IP può essere penalizzato.

4. Feedback loop negativi:
Alcuni provider, come Outlook, Yahoo, e AOL, offrono sistemi di feedback loop (FBL) che notificano quando gli utenti contrassegnano le email come spam. Un alto tasso di segnalazioni rispetto al volume di invii totali è un chiaro segnale di contenuti non graditi, mailing non autorizzate o liste contatti non curate, e può comportare l’inserimento in blacklist anche da parte di provider privati.

5. Mailing list mal gestite:
Inviare email a database di contatti obsoleti, non verificati o comprati da terze parti rappresenta un enorme rischio. L’invio verso indirizzi inesistenti o trap di spam (spamtraps) — indirizzi creati appositamente dalle blacklist per individuare invii non autorizzati — può generare un’immediata penalizzazione. Una lista non aggiornata o priva di un meccanismo di opt-in/opt-out chiaro rappresenta una delle principali cause di blocchi.

Una volta finiti in blacklist, la reputazione dell’IP è compromessa e la deliverability delle email si abbassa drasticamente.

Sintomi di un IP in Blacklist

My emails go undelivered. What can I do? - Synology Tudásközpont

Riconoscere tempestivamente i segnali di un IP finito in blacklist è fondamentale per ridurre al minimo l’impatto sull’infrastruttura email. I sintomi sono generalmente evidenti e si manifestano su più livelli del processo di consegna. Ignorarli può significare giorni di blocco della posta in uscita, con danni reputazionali e operativi anche gravi.

1. Email che non arrivano a destinazione:
Il primo campanello d’allarme è l’assenza di risposte da parte dei destinatari. Quando un IP è blacklistato, molte delle email inviate non arrivano mai a destinazione, venendo silenziosamente rifiutate dai server riceventi. Questo è particolarmente dannoso per comunicazioni critiche, come conferme d’ordine, notifiche di sistema o scadenze amministrative.

2. Messaggi di errore SMTP espliciti:
Durante l’invio, il server mittente può ricevere codici di errore SMTP, spesso accompagnati da messaggi chiari che indicano il motivo del rifiuto. I più comuni includono:

550 5.7.1 Message rejected due to IP listed in ...
554 5.7.1 Service unavailable; Client host blocked ...

Questi messaggi indicano che il server di destinazione ha rifiutato la connessione o la consegna in base alla reputazione IP. In alcuni casi, viene anche specificata la blacklist coinvolta (Spamhaus, SORBS, UCEPROTECT, etc.), facilitando la diagnosi.

3. Alte percentuali di bounce:
Un aumento anomalo dei bounce, ovvero dei messaggi di ritorno generati per errori nella consegna, è un segnale critico. Se le email respinte superano una soglia fisiologica (es. 5-10%), occorre immediatamente investigare. Spesso, tra i motivi del bounce, compare esplicitamente l’indicazione del blocco per blacklist.

4. Segnalazioni da parte degli utenti:
Clienti, partner o colleghi potrebbero iniziare a segnalare che non ricevono più le comunicazioni aziendali. Questo tipo di feedback è spesso il primo indicatore “umano” di un problema già in corso, e dovrebbe essere preso molto seriamente, in quanto testimonia un impatto reale e diretto sul business.

5. Tempi di consegna anomali (code di posta che si accumulano):
I sistemi MTA come Postfix, Exim o Qmail mantengono una coda di messaggi non ancora consegnati. Se l’IP è blacklistato, molti server riceventi risponderanno con un “defer” o un “temporary failure”, inducendo il mailserver a ritentare la consegna secondo policy di backoff. Questo comporta un rallentamento progressivo e una crescita esponenziale della coda di posta (mailq), con consumi di risorse e ritardi anche su messaggi leciti e urgenti.

Monitorare costantemente questi sintomi, anche tramite alert automatici, è essenziale per identificare rapidamente un problema di blacklist e attivare tempestivamente le contromisure necessarie.

Come verificare se il tuo IP è in blacklist ?

La prima azione da compiere quando si sospetta un problema di consegna legato alla reputazione del proprio mailserver è effettuare un controllo mirato sullo stato dell’indirizzo IP. Fortunatamente, esistono diversi strumenti online gratuiti e affidabili che permettono di interrogare simultaneamente decine di blacklist pubbliche.

Ecco i principali:

  • MxToolbox
    Uno dei tool più utilizzati al mondo. Inserendo l’indirizzo IP o il dominio, MxToolbox effettua una scansione su oltre 80 blacklist e restituisce risultati dettagliati, comprensivi di eventuali segnalazioni e raccomandazioni.

  • MultiRBL.valli.org
    Un servizio estremamente tecnico e preciso, utile per chi desidera una verifica approfondita. Oltre alle DNSBL, il sistema controlla anche URI-based blacklists e liste interne di provider e firewall appliance.

  • Talos Reputation Center
    Offerto da Cisco, fornisce una valutazione reputazionale sia per indirizzi IP che per domini. Oltre alla segnalazione di blacklist, Talos assegna un punteggio di reputazione (Good, Neutral, Poor) basato sul comportamento osservato globalmente.

  • Spamhaus Lookup
    È lo strumento ufficiale per verificare se un IP o un dominio è presente in una delle liste mantenute da Spamhaus (come SBL, XBL, PBL e DBL). Essenziale per chi gestisce invii massivi o infrastrutture email pubbliche.

Questi strumenti sono essenziali per ottenere una panoramica immediata e completa sullo stato del proprio IP. In molti casi, le blacklist forniscono anche dettagli tecnici e motivazioni per l’inserimento, facilitando la diagnosi e le successive richieste di delisting. Effettuare controlli periodici, anche in assenza di problemi apparenti, è una buona prassi per mantenere alta l’affidabilità del servizio email.

Come uscire da una blacklist ?

Uscire da una blacklist richiede azioni mirate e consapevoli. Il delisting non è sempre immediato e può variare sensibilmente in base al tipo di blacklist coinvolta. Di seguito sono illustrate le principali modalità di rimozione:

1. Rimozione manuale
La maggior parte delle blacklist pubbliche e semi-commerciali offre una procedura di delisting accessibile tramite un form web ufficiale. Il processo, pur variando da lista a lista, segue in genere questi passaggi:

  • Inserimento dell’indirizzo IP incriminato nel campo apposito del sito della blacklist.

  • Spiegazione (facoltativa o obbligatoria) delle azioni correttive effettuate. Questo può includere la disattivazione di un account compromesso, l’eliminazione di script malevoli, la correzione di record SPF/DKIM/DMARC o l’implementazione di limiti di invio.

  • Attesa per la revisione manuale o automatica da parte dei gestori della blacklist. I tempi possono andare da poche ore fino a diversi giorni (generalmente da 24 ore a 7 giorni lavorativi), a seconda della politica e del carico della lista in questione.

È essenziale che l’infrastruttura sia stata effettivamente messa in sicurezza prima di richiedere la rimozione, altrimenti l’IP potrebbe essere reinserito nel giro di poche ore.

2. Rimozione automatica (decadimento)
Alcune blacklist operano in modo semi-automatizzato: l’IP viene inserito in lista in caso di comportamento anomalo (spam, abusi, traffico sospetto), ma viene rimosso automaticamente se non si verificano ulteriori problemi entro un certo periodo. Questo “decadimento” può variare da 24 ore a 14 giorni, a seconda della gravità della segnalazione. Tuttavia, fare affidamento solo su questo meccanismo significa accettare un’interruzione potenzialmente prolungata della deliverability delle email.

3. Rimozione a pagamento
Alcuni provider di blacklist, tra cui UCEPROTECT, SORBS o Invaluement, offrono opzioni di rimozione immediata a fronte del pagamento di una tariffa. I costi variano, ma si aggirano solitamente tra i 40 e i 100 dollari per IP, e possono crescere ulteriormente se l’intera subnet è coinvolta o se vengono richiesti servizi prioritari.

Nota importante: il pagamento della rimozione non risolve la causa del problema. Se l’origine dello spam o della cattiva configurazione non viene identificata e corretta, l’IP tornerà ad essere listato in tempi brevi. In alcuni casi, le blacklist tengono traccia delle rimozioni ripetute e potrebbero applicare penalizzazioni più severe nei confronti di IP recidivi.

Il delisting è solo l’ultima fase di una più ampia strategia di bonifica: serve a chiudere il cerchio dopo che è stata risolta a monte la vera causa del problema.

Strategie tecniche per mitigare il problema

1. Utilizzare IP alternativi

Quando un mailserver viene inserito in una blacklist, la priorità è ripristinare rapidamente la capacità di inviare email senza compromettere ulteriormente la reputazione dell’infrastruttura. Esistono diverse strategie tecniche che consentono di mitigare temporaneamente (o in alcuni casi definitivamente) il problema, in attesa di completare il processo di delisting.

1. Utilizzare IP alternativi
Se il server dispone di più indirizzi IP pubblici assegnati, è possibile configurare il mailserver per instradare il traffico email attraverso un IP diverso da quello blacklistato.
Ad esempio, su Postfix è sufficiente specificare nel file di configurazione main.cf : smtp_bind_address = 198.51.100.5 

In ambienti più avanzati, è possibile implementare routing differenziato per destinatario, dominio, tipologia di email o carico di sistema. Questo approccio consente, ad esempio, di utilizzare un IP “pulito” solo per invii critici, mantenendo quello problematico in coda per i retry programmati.

Un’infrastruttura ben progettata prevede fin dall’inizio l’assegnazione di più IP per sopperire a scenari di emergenza come questo, specialmente nei contesti aziendali e nei provider di posta.

2. Utilizzare uno smarthost
In alternativa all’utilizzo diretto di un proprio IP, è possibile configurare il mailserver per utilizzare un smarthost esterno, ovvero un relay SMTP gestito da terzi (ad esempio Amazon SES, SendGrid, Mailjet, Postmark, SMTP2GO, ecc.).

Questi servizi, nati per la gestione della posta massiva o transazionale, offrono infrastrutture con IP monitorati, certificati e ad alta deliverability, capaci di bypassare temporaneamente il problema. L’integrazione è semplice: basta configurare i parametri di autenticazione SMTP e il relay host nel mailserver.

L’utilizzo di uno smarthost è particolarmente utile quando il delisting richiede tempo o in presenza di blacklist molto penalizzanti, come quelle utilizzate da provider globali (Microsoft, Google, etc.).

3. Sezionare il traffico email
Una strategia efficace non solo in caso di emergenza, ma anche come buona pratica generale, consiste nel segmentare il traffico email in base alla tipologia di contenuto e destinatario. In particolare:

  • Email transazionali (es. conferme ordini, reset password)

  • Email amministrative (es. comunicazioni aziendali interne, avvisi tecnici)

  • Email marketing o promozionali

Ogni categoria dovrebbe idealmente essere gestita da un IP distinto o da un canale SMTP dedicato. Questo permette di isolare eventuali problemi di reputazione e garantire che la posta critica venga sempre consegnata, anche se altri flussi subiscono penalizzazioni. Nei sistemi avanzati, questo tipo di segmentazione è implementabile tramite configurazioni MTA, policy di routing o tool di orchestration email.

L’adozione di IP alternativi, l’uso di smarthost e la separazione dei flussi di posta sono soluzioni fondamentali per affrontare efficacemente un blocco da blacklist, ma sono anche strumenti utili nella progettazione di un’infrastruttura email resiliente e professionale.

Best Practice per evitare di finire in blacklist

Prevenire è sempre meglio che curare, soprattutto nel contesto della posta elettronica, dove il ripristino della reputazione IP può richiedere giorni e compromettere seriamente la comunicazione aziendale. Ecco un insieme di best practice fondamentali che ogni amministratore di mailserver dovrebbe adottare per ridurre al minimo il rischio di blacklist.

1. Implementare SPF, DKIM e DMARC correttamente
Questi tre record DNS rappresentano il fondamento dell’autenticazione email moderna.

  • SPF (Sender Policy Framework) definisce quali IP sono autorizzati a inviare posta per conto di un dominio.

  • DKIM (DomainKeys Identified Mail) firma criptograficamente il contenuto del messaggio per garantirne l’integrità.

  • DMARC permette di definire una policy su come i destinatari devono gestire i messaggi che falliscono SPF/DKIM e consente l’invio di report diagnostici.
    La corretta implementazione riduce notevolmente i falsi positivi e migliora la reputazione globale del dominio.

2. Controllare periodicamente i log SMTP per individuare attività anomale
L’analisi regolare dei log (/var/log/maillog, /var/log/mail.log, ecc.) consente di identificare invii sospetti, picchi anomali di traffico, tentativi di relay non autorizzati o pattern compatibili con attacchi spam. Automatizzare il parsing dei log con strumenti come Fail2Ban, Logwatch o ELK Stack aiuta a prevenire comportamenti rischiosi.

3. Bloccare la possibilità di invio da script web non autenticati
Molti attacchi partono da vulnerabilità nei form contatti o negli script PHP mal configurati. L’uso di wrapper SMTP autenticati (come PHPMailer, SMTPAuth) anziché la funzione mail() nativa, unito a restrizioni sui sendmail_path, riduce drasticamente le possibilità di abuso.

4. Configurare limiti di invio per utente
Un account SMTP compromesso può inviare migliaia di email in pochi minuti. È quindi buona norma imporre rate limit e quotas per utente (es. 100 email/ora), specialmente in ambienti condivisi. Questo aiuta a contenere eventuali danni ed evita il trigger automatico delle blacklist.

5. Proteggere i form web con CAPTCHA
I bot automatizzati sono spesso la causa di invii abusivi via form. L’integrazione di CAPTCHA (reCAPTCHA v3 o v2) e di sistemi di honeypot invisibili è una barriera semplice ma efficace contro l’invio non autorizzato.

6. Aggiornare costantemente CMS e plugin
WordPress, Joomla, Drupal e altri CMS sono spesso bersaglio di exploit che permettono l’invio di spam. Mantenere il core, i plugin e i temi sempre aggiornati è essenziale. Dove possibile, disabilitare completamente le funzioni email native o limitarle a moduli autenticati.

7. Utilizzare una coda monitorata con retry per i messaggi non consegnabili
Assicurarsi che il mailserver gestisca le code in modo efficiente e controllato. Messaggi non recapitabili non devono restare indefinitamente in coda: definire un numero massimo di retry e una retention ragionevole (es. 3 giorni) evita sovraccarichi e mantiene il sistema reattivo.

8. Monitorare il reputation score dell’IP tramite strumenti automatici
Strumenti come Talos Reputation, SenderScore o script personalizzati che interrogano le DNSBL possono essere integrati per monitorare in tempo reale la reputazione dell’IP. In ambienti mission-critical è consigliabile automatizzare alert e soglie.

9. Segmentare le mailing list e inviare solo a utenti attivi
Una buona igiene della lista contatti è fondamentale. Evitare invii a indirizzi inattivi, rimbalzati o obsoleti riduce i bounce e minimizza il rischio di intercettare spamtrap. Utilizzare meccanismi double opt-in e sistemi di verifica periodica (es. email validation API) è una prassi da adottare sempre.

10. Iscriversi ai Feedback Loop (FBL) dei principali provider
Servizi come Microsoft SNDS, Yahoo CFL, AOL Feedback Loop permettono di ricevere notifiche quando un destinatario segnala un messaggio come spam. Questo consente di identificare e isolare account problematici prima che danneggino l’intera infrastruttura.

Implementare queste best practice richiede tempo, ma garantisce una postura proattiva contro blacklist e problemi di deliverability, mantenendo il mailserver efficiente, pulito e affidabile nel tempo.

Cosa fare se sei un provider o gestore di mailserver per clienti

Per chi gestisce infrastrutture di posta multi-tenant — come provider di hosting, reseller, MSP o sistemisti che amministrano mailserver condivisi — la posta elettronica rappresenta un elemento critico e al contempo vulnerabile. La complessità aumenta esponenzialmente rispetto a un ambiente single-tenant: basta un solo cliente compromesso per compromettere l’intera reputazione IP e mandare in blacklist l’intero mailserver.

Per questo motivo è fondamentale adottare misure preventive e strutturali in grado di contenere il rischio e facilitare il contenimento rapido in caso di incidente.

Azioni consigliate:

1. Isolare i flussi di posta per cliente
La separazione logica (e ove possibile anche fisica) del traffico email è una delle strategie più efficaci. Utilizzare queue dedicate per ciascun dominio o utente consente di tracciare e bloccare immediatamente un’eventuale anomalia, evitando che un abuso si propaghi a tutta l’infrastruttura. In ambienti avanzati, è possibile configurare mailserver come Postfix o Exim per utilizzare code, log e policy separate per gruppo di utenti o hostname.

2. Offrire IP dedicati per chi fa email marketing
I clienti che inviano newsletter o volumi elevati di posta promozionale dovrebbero utilizzare IP dedicati, isolando completamente la loro reputazione da quella degli altri clienti. Questo approccio consente di attribuire responsabilità in modo diretto, agevola il delisting in caso di problemi e protegge gli utenti che fanno invii normali o transazionali.

3. Abilitare regole antispam in uscita
Il filtraggio della posta in uscita è spesso sottovalutato, ma rappresenta una difesa indispensabile. È buona norma applicare:

  • Rate limit per utente o dominio (es. massimo 100 email/ora)

  • Filtri sul contenuto per bloccare pattern spam noti

  • Blacklist interne e DNSBL in uscita per prevenire relay verso destinatari sospetti

  • Controlli su allegati potenzialmente pericolosi (es. eseguibili, script compressi)

Strumenti come Rspamd, Amavis, o moduli dedicati nei pannelli di controllo (es. Plesk, cPanel) possono essere integrati per automatizzare il filtraggio in uscita.

4. Monitorare attivamente i pattern di invio
L’analisi comportamentale dei volumi di posta, delle destinazioni più frequenti e dei tassi di bounce o defer può anticipare l’individuazione di problemi. Soluzioni di monitoring e alerting (come Zabbix, Grafana, Prometheus o sistemi custom con parsing dei log) dovrebbero essere configurate per rilevare anomalie in tempo reale.

5. Offrire SMTP autenticato su porte alternative (587, 465)
L’utilizzo delle porte standard 25 può essere limitato o filtrato da molti ISP. Offrire l’accesso autenticato su porta 587 (Submission) o porta 465 (SMTP over SSL) garantisce maggiore compatibilità e sicurezza. Inoltre, è possibile implementare policy di autenticazione e tracciamento più granulari sugli utenti, controllando accessi sospetti o invii anomali.

Gestire un mailserver per clienti richiede un equilibrio costante tra performance, sicurezza e reputazione. La proattività nella segmentazione del traffico, la configurazione di controlli rigidi e la visibilità costante sull’attività SMTP sono elementi imprescindibili per garantire un servizio professionale, resiliente e immune da blacklist ricorrenti.

Conclusioni

La gestione efficace della reputazione di un mailserver non è un’attività da sottovalutare: richiede competenze sistemistiche avanzate, una conoscenza approfondita delle dinamiche SMTP, e l’implementazione di strumenti di monitoraggio e prevenzione in grado di anticipare criticità prima che diventino dannose.

Finire in una blacklist può capitare anche agli amministratori più attenti. Nessuna infrastruttura è totalmente immune da rischi: vulnerabilità applicative, errori di configurazione, comportamenti scorretti dei clienti o semplici disattenzioni possono portare in breve tempo a compromettere la reputazione di un IP e a bloccare la deliverability delle email.

Tuttavia, uscire da una blacklist è possibile — e spesso in tempi ragionevoli — purché si intervenga con metodo, lucidità e strumenti adeguati. Le soluzioni più efficaci nel breve termine includono l’uso di IP secondari o di smarthost esterni, per garantire la continuità operativa e svuotare le code SMTP in attesa che il delisting venga completato.

Nel medio-lungo periodo, ciò che fa la differenza è una strategia di prevenzione solida: segmentazione del traffico, autenticazione forte, controlli antispam in uscita, rate limiting, e un monitoraggio costante della reputazione IP.

Per chi non dispone internamente delle competenze necessarie, affidarsi a un partner tecnico specializzato può fare la differenza tra restare bloccati per giorni — con impatti economici e di immagine — oppure ripristinare il servizio nel giro di poche ore, in modo strutturato e definitivo.

Managed Server SRL offre supporto tecnico professionale nella gestione, configurazione e messa in sicurezza di mailserver Postfix, Qmail, Exim, Sendmail, oltre a sistemi avanzati di monitoraggio e protezione contro lo spam e le blacklist.
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