26 Marzo 2025

AlmaLinux e Rocky Linux: possono davvero competere con Red Hat Enterprise Linux? La sfida dei cloni si fa sempre più seria

Con CentOS fuori dai giochi, AlmaLinux e Rocky Linux si contendono lo spazio lasciato libero. Ma replicare Red Hat non è abbastanza.

Clonii-RedHat-AlmaLinux-Rocky-Linux

La posizione dominante che Red Hat Enterprise Linux (RHEL) occupa nel mercato enterprise non è un caso né un’esplosione improvvisa. È il risultato di una strategia che affonda le radici nel passato, quando Red Hat nel 2002 rivoluzionò l’ecosistema open-source introducendo un modello commerciale a subscription. Quella mossa non solo rispose alla domanda cruciale — “Come si guadagna con il software libero?” — ma definì anche i contorni di un nuovo paradigma: il valore del supporto professionale, della certificazione, della stabilità e della sicurezza in contesti mission-critical.

Da allora, RHEL si è imposto come standard de facto nel mondo enterprise, diventando un riferimento non solo tecnico, ma anche politico e strategico. La sua acquisizione da parte di IBM nel 2019 ha ulteriormente rafforzato questa posizione, ma ha anche segnato l’inizio di una nuova fase, più aggressiva e meno accondiscendente nei confronti della comunità open-source.

La svolta con CentOS e la nascita dei cloni

Il dicembre 2020 ha segnato un punto di svolta nell’ecosistema Linux enterprise. Con un annuncio ufficiale, Red Hat comunicò la fine dello sviluppo del ramo tradizionale di CentOS Linux, quello stabile e binariamente compatibile con RHEL, annunciando il passaggio definitivo a CentOS Stream, una versione rolling-release pensata come anteprima delle future release di Red Hat Enterprise Linux.

Questa decisione, arrivata senza preavviso significativo, generò un forte malcontento nella community. Migliaia di aziende, hosting provider e system integrator che avevano adottato CentOS come piattaforma gratuita ma solida per ambienti di produzione, si ritrovarono improvvisamente senza un percorso chiaro per la continuità delle loro infrastrutture.

Da quel momento, il vuoto lasciato da CentOS ha dato vita — o nuova linfa — a una serie di progetti alternativi, con l’obiettivo esplicito di ricreare una distribuzione 1:1 compatibile con RHEL, ma libera da vincoli commerciali.

Tra i principali protagonisti emersi:

  • AlmaLinux, sponsorizzata da CloudLinux, azienda con lunga esperienza nel supporto di ambienti shared hosting e Linux server hardened.

  • Rocky Linux, promossa da CIQ (Ctrl IQ), fondata da Gregory Kurtzer, già co-fondatore originale di CentOS.

Entrambi i progetti si propongono oggi come Enterprise Linux Distribution completamente compatibili con RHEL a livello binario, ma con modelli di governance aperti, community-driven e orientati alla trasparenza.

La promessa è chiara: garantire una continuità affidabile e sostenibile a tutti quegli utenti e aziende che avevano scelto CentOS per le sue caratteristiche tecniche e la sua affidabilità, ma che non vogliono — o non possono — sottostare al modello commerciale di Red Hat.

Ma essere un clone non basta più

Nel contesto odierno, però, replicare semplicemente la struttura binaria di RHEL non è sufficiente. Il mercato richiede molto di più: governance trasparente, solidità infrastrutturale, roadmap credibili e, soprattutto, garanzie di sicurezza e compliance.

Ecco perché i progetti come AlmaLinux e Rocky Linux stanno cercando di distinguersi attraverso iniziative specifiche, che mirano a portare il loro livello allo standard richiesto dalle organizzazioni più esigenti.

AlmaLinux: sicurezza certificata dal Dipartimento della Difesa USA

AlmaLinux

Uno dei passi più significativi è arrivato a febbraio 2025, quando il team di AlmaLinux ha annunciato la certificazione STIG, pubblicata ufficialmente dal Defense Information Systems Agency (DISA), un’agenzia che fa capo al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.

Lo STIG (Security Technical Implementation Guide) è un insieme rigoroso di istruzioni che indicano come configurare un sistema operativo in modo sicuro, secondo standard riconosciuti a livello militare. Questo risultato, frutto di un lavoro iniziato nell’agosto 2023, posiziona AlmaLinux tra le pochissime distribuzioni a disporre di una STIG ufficiale: le altre sono Red Hat Enterprise Linux, Oracle Linux, SUSE Linux Enterprise e Ubuntu.

Per un sistema operativo enterprise, ottenere questa certificazione significa entrare in un club molto ristretto. È un segnale chiaro a chi deve implementare policy di sicurezza stringenti: AlmaLinux non è solo un clone, è anche un’opzione solida per ambienti governativi, bancari e ad alta regolamentazione.

Rocky Linux: Hardened e open-source governance

Rocky Linux

Rocky Linux continua a consolidare la propria posizione nel panorama delle distribuzioni enterprise, distinguendosi attraverso iniziative mirate sia nel campo della sicurezza che nella governance open-source.

Rocky Linux from CIQ – Hardened: Sicurezza Potenziata

Recentemente, CIQ ha introdotto una variante avanzata della distribuzione, denominata Rocky Linux from CIQ – Hardened. Questa versione è progettata per soddisfare le esigenze di ambienti ad alta sicurezza, offrendo:

  • Hardening a Livello di Sistema: Riduce i rischi legati a vulnerabilità zero-day e CVE, eliminando potenziali superfici di attacco e vettori di exploit comuni.

  • Mitigazione Rapida dei Rischi: Affronta tempestivamente le minacce alla sicurezza, riducendo significativamente i tempi di esposizione.

  • Controlli di Accesso Avanzati: Implementa politiche di autenticazione rigorose e meccanismi di controllo degli accessi rafforzati.

  • Rilevamento Avanzato delle Minacce: Utilizza strumenti come il Linux Kernel Runtime Guard (LKRG) per individuare intrusioni sofisticate che potrebbero sfuggire ai sistemi di sicurezza tradizionali.

  • Distribuzione Semplificata: Fornisce sistemi preconfigurati e pre-hardened, risparmiando tempo e risorse nelle configurazioni di sicurezza.

Queste caratteristiche rendono Rocky Linux from CIQ – Hardened particolarmente adatto per settori come il fintech, la sanità e la pubblica amministrazione, dove la sicurezza è di primaria importanza. Secondo Gregory Kurtzer, CEO di CIQ, questa iniziativa risponde alle preoccupazioni di molti dirigenti IT riguardo alla protezione delle loro infrastrutture critiche, offrendo una base più sicura pur mantenendo la compatibilità con gli standard Enterprise Linux.

Oltre agli avanzamenti in ambito sicurezza, la Rocky Enterprise Software Foundation (RESF) ha ufficialmente sottoscritto i Principi Open Source delle Nazioni Unite. Questi principi forniscono linee guida per promuovere la collaborazione e l’adozione di tecnologie open source a livello globale. L’adesione della RESF sottolinea l’impegno di Rocky Linux verso una governance trasparente e una comunità inclusiva, rafforzando la fiducia degli utenti nella distribuzione.

Attraverso queste iniziative, Rocky Linux non solo offre una piattaforma stabile e sicura per le aziende, ma promuove anche valori di apertura e collaborazione, fondamentali per il progresso del software libero.

Ma c’è spazio per tutti?

Il panorama dei “cloni” di RHEL si è ampliato rapidamente. Oltre a AlmaLinux e Rocky Linux, anche giganti come SUSE e Canonical non stanno fermi a guardare. SUSE ha lanciato la propria alternativa con SUSE Liberty Linux Lite, un progetto che mira a fornire supporto commerciale anche per ambienti misti e derivati RHEL. Canonical continua a rafforzare la presenza di Ubuntu nel settore enterprise, puntando su certificazioni di sicurezza e soluzioni cloud-native.

In questo scenario, l’effettiva sostenibilità economica dei cloni open-source sarà messa alla prova. Per anni CentOS ha rappresentato un’alternativa “gratuita ma affidabile” per migliaia di realtà. Ma oggi il paradigma è cambiato: il costo zero non è più sufficiente se non accompagnato da servizi, supporto e garanzie reali.

Conclusioni: il futuro dei cloni passa dalla qualità, non dalla compatibilità

Oggi non è più sufficiente dichiararsi binary-compatible con RHEL. Se fino a pochi anni fa bastava garantire la compatibilità a livello di pacchetti per essere considerati una valida alternativa, il mercato enterprise ha nel tempo alzato l’asticella, richiedendo standard qualitativi che vanno ben oltre il semplice allineamento binario.

Il futuro dei cloni di Red Hat passa quindi per la capacità di offrire un set completo di garanzie, strumenti e servizi che rispondano alle esigenze reali delle aziende. Nello specifico, parliamo di:

  • Certificazioni di sicurezza riconosciute a livello istituzionale, come gli STIG del Dipartimento della Difesa statunitense, le certificazioni FIPS (Federal Information Processing Standards) o Common Criteria. Queste non sono “nice to have”, ma requisiti fondamentali per chi opera in settori regolamentati come la difesa, il fintech, l’healthcare o la pubblica amministrazione. Avere una distribuzione conforme a questi standard significa poter entrare in gare d’appalto e ambienti altamente selettivi.

  • Supporto professionale con SLA chiari e credibili, in grado di garantire tempi di risposta, risoluzione dei problemi, aggiornamenti tempestivi e disponibilità H24. Il supporto tecnico non può essere improvvisato o lasciato alla buona volontà della community: le aziende vogliono risposte rapide, escalation definite, tracciabilità dei ticket e la certezza che dietro a una distribuzione ci sia un’organizzazione strutturata.

  • Governance trasparente e orientata alla community, che non dipenda esclusivamente da un’entità commerciale, ma che coinvolga realmente sviluppatori, utenti e partner nel processo decisionale. La fiducia nella roadmap, la gestione aperta del ciclo di vita (EOL, backport, security patch) e la coerenza progettuale sono elementi che incidono fortemente sulla percezione di affidabilità.

  • Ecosistemi affidabili per ambienti produttivi complessi, che includano repository stabili, toolchain coerenti, documentazione esaustiva, strumenti di gestione centralizzata (come Satellite o Landscape), automazione (Ansible, Terraform), containerizzazione (Podman, OpenShift compatibili) e supporto per infrastrutture ibride e cloud-native.

Red Hat ha costruito in oltre vent’anni una macchina perfetta: non solo una distribuzione Linux, ma un intero ecosistema enterprise, con strumenti integrati per il ciclo di vita del software, relazioni strategiche con partner hardware e software, supporto di lunga durata e un’influenza decisiva sulle evoluzioni del kernel e degli standard Linux.

I cloni possono senz’altro colmare parte del gap tecnico, replicando repository, pacchetti e configurazioni, ma per competere davvero sul mercato enterprise devono investire in ciò che trasforma un sistema operativo in una piattaforma di fiducia.

Ed è proprio la fiducia, in definitiva, l’asset più difficile da costruire: non si può scaricare da GitHub, né si ottiene con un semplice rpmbuild.
La fiducia si conquista nel tempo, con competenza, trasparenza e coerenza.

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